Certo non deve essere facile per la direzione di Conerobus accettare l’idea che alcuni dipendenti dell’azienda possano aver tenuto comportamenti penalmente rilevanti.
L’inchiesta è all’inizio e per ora si deve parlare di presunzione di reato. Detto questo si tratta dell’ultimo nodo affrontato negli ultimi 26 mesi, ossia dall’inizio della pandemia che ha segnato la vita e l’esistenza delle persone, ma anche del tessuto sociale ed economico del territorio. Le limitazioni imposte dalle regole anti-Covid hanno lasciato segni profondi sul bilancio dell’azienda del trasporto pubblico locale di Ancona. Prima il lockdown assoluto, poi le limitazioni della capienza dei mezzi, dall’80% nella fase meno acuta fino addirittura al 50% nel periodo più nero. Meno passeggeri ha voluto dire anche meno bigliettazione e abbonamenti e dunque un calo degli introiti. Passato il periodo peggiore dell’infezione da Coronavirus, grazie ai vaccini, è scoppiata poi la grana del Green pass in azienda.
Quando il provvedimento del governo, vidimato dal Comitato tecnico scientifico, è diventato operativo in azienda si è inizialmente verificata una sorta di ‘diaspora’.
Oltre 50 autisti non hanno accettato di sottoporsi al vaccino anti-Covid preferendo andare avanti con i tamponi. Il numero dei ‘ribelli’ è andato poi via via riducendosi anche perché alcuni sono rimasti a casa senza lavoro e senza stipendio per diversi mesi. Ciò ha prodotto anche un taglio delle corse sia delle linee urbane che extraurbane e disagi per l’utenza. Un’azienda che sta compiendo sforzi enormi per garantire un servizio fondamentale per la crescita della città.
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