
L’imprenditore Aldo Roscioni fu il primo a capire le enormi potenzialità e a investire nella zona "Il suo futuro dipende dal mare: se riesci a governarlo con opere sommerse bene, altrimenti sono guai".
Cosa rappresenta per lei Portonovo? "Un sogno che sono riuscito a realizzare. Grazie a Portonovo ho potuto stringere la mano a tre Presidenti della Repubblica e a cinque premi Nobel. Quando nel 1968 sono arrivato lì, La Fonte era fallita, l’Internazionale aveva chiuso perché non c’era più l’ostello della Gioventù, il Fortino era ricoperto di rovi sino davanti alla porta. Cinque anni dopo non riuscivi a trovare un posto e il 17 marzo avevamo già chiuso ogni prenotazione. Da allora siamo riusciti a comprendere che chi veniva giù non veniva alla Fonte o all’Internazionale ma veniva a Portonovo".
Come ottenne questa solidale amicizia imprenditoriale? "Facemmo una serie di accordi con i locali della baia e mandavamo i nostri ospiti una volta in un ristorante un’altra in un altro e poi pagava il Fortino in maniera che tutti fossero conosciuti per le loro diverse potenzialità. Questo ci permise di essere ben accolti da tutti".
Perché decise di recuperare il Fortino e avviare una attività nella baia? "Quando sono arrivato mancava l’impianto di riscaldamento, i frigoriferi erano rotti e non c’era nè una forchetta nè un coltello, il cuoco che lavorava nel ristorante prima di me, dopo aver litigato con la proprietà, era scappato portandosi con sè tutte le stoviglie. Ma si capiva che era un cavallo di razza e che era unico. Ho venduto la mia casa per sei milioni, feci fare le prime opere di manutenzione e per due anni ho vissuto nei locali della caldaia. Dopo è stato facile, le sue potenzialità erano enormi".
Com’era Portonovo in quei tempi? "C’erano tre famiglie che facevano fatica a parlare tra di loro. Poi abbiamo costituito una cooperativa che ci ha permesso di lavorare tutti insieme e far sì che chi arrivasse a Portonovo veniva per tutti. Cooperativa che sarebbe divenuta poi il Consorzio la Baia con la figura illuminata di Giorgio Pesaresi che riuscì a mettere tutti d’accordo".
Che progetti avevate allora? "Tantissimi, se i politici non si fossero messi in mezzo, come quello di realizzare con le valve dei moscioli triturate il manto stradale e un composto per concimare la terra o come quello di costruire con pompe idrauliche una barriera all’interno della baia, tra il trave e il molo, dove allevare il pesce. In altri ci siamo riusciti come il recupero, nel 1986, della chiesa di Santa Maria con l’ausilio degli operatori. Prima di allora era completamente abbandonata e riuscimmo anche a far sì che si celebrasse la messa nella baia. Iniziammo anche a portare i più noti personaggi del mondo culturale, scientifico ed artistico attraverso iniziative ed eventi aperti a tutti quando le amministrazioni ancora neanche le pensavano. Il primo Mosciolando lo ideò il Fortino, poi le Giornate del Mistero e quelle dedicate a Napoleone, eventi enogastronomici con i prodotti locali per promuovere il territorio".
Ricorda qualche aneddoto simpatico? "Sono tanti ma quello più strano è un evento cui ho assistito personalmente. Lo storico Bartolucci racconta in un libro la leggenda che anche la Medusa fosse a protezione della Chiesa di Santa Maria. Un giorno, Mario il pescatore mi chiama e mi dice: ‘vieni Aldo che andiamo a prendere le anguille’. Il Lago Grande aveva tracimato e davanti alla Chiesetta c’erano quasi duemila anguille con la testa in alto che la contemplavano. La leggenda era vera".
Com’è cambiata Portonovo? "La spiaggia moltissimo. Un tempo attorno al Fortino vi erano metri e metri di spiaggia come pure davanti alla Torre. Oggi non più. Servivano delle opere per proteggerla. La cosa più importante è che sono cambiati in meglio i rapporti umani tra gli operatori. Ognuno ha trovato il suo spazio e la cucina è differenziata da un locale ad un altro. Ognuno ha la sua impronta e questo consente di coprire tutte le richieste delle persone. Tutti si vogliono bene e non ci sono invidie o tensioni".
Qual è per lei il futuro di Portonovo? "Il suo futuro dipende dal mare. Se riesci a governarlo con opere sommerse bene, altrimenti rischi di perderle tutto. Il Fortino spende 70mila euro all’anno per riparare la mura di difesa. Ai miei tempi avevamo attorno alla struttura una spiaggia, oggi c’è più di un metro di dislivello con l’acqua".
Come luogo ricettivo? "Portonovo è un unicum. Serve un centro unico di coordinamento che distribuisca le persone nei quattro hotel della baia. Tutte le strutture dovrebbero, mantenendo la loro autonomia, far capo ad una gestione unica ed automatica. C’è una persona che ne ha le capacità, Guido Guidi. So che non è facile ma il futuro è stare insieme".