Incidente Marina di Montemarciano, lo zio di Alberto Catani: "L’aperitivo. Poi la morte"

L'ex calciatore e la compagna investiti e uccisi sul lungomare. Lo zio Aldo non riesce a darsi pace: "In campo era un numero dieci"

Nel riquadro, Alberto Catani

Nel riquadro, Alberto Catani

Marina di Montemarciano (Ancona), 18 giugno 2022 - "Ci siamo sentiti alle 20.30. Mi aveva detto che sarebbe uscito con la compagna per un aperitivo sul lungomare. Poi si sono protratti per cena. Ed è successo qualcosa di inimmaginabile. Non realizzeremo mai, Albertino". La voce di Aldo Nicolini, zio di Alberto Catani (foto), viene interrotta a più riprese dalla commozione. Troppo difficile, all’indomani del tragico investimento, anche solo trovare la forza di esprimere qualche pensiero. "Siamo lacerati dal dolore, distrutti. Alberto stava da poco con la sua compagna, ma si trovavano bene. Erano riservati. Non è possibile che sia finita così".

Alberto lascia il fratello più grande Andrea, la mamma Eulalia e il papà Antonio. Era un ragazzo d’oro. Aveva conosciuto qualche tempo fa Stefania, pugliese verace, che aveva scelto di trasferirsi nelle Marche, e in particolare a Marina di Montemarciano dove Catani era nato e cresciuto, per una nuova parentesi di vita. Che fino a quella maledetta notte di giovedì era serena e felice.

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"Era un venditore incallito - continua Aldo pensando al nipote - nato per fare questo mestiere. Tant’è che aveva dovuto lasciare temporaneamente il calcio e il ruolo di allenatore perché gli impegni si facevano più gravosi. Vendeva prodotti alimentari, carni a quintali. E stava ottenendo un grande successo". Successo che indubbiamente ha avuto nel mondo del pallone. Si fa fatica a contare i messaggi di amici, compagni e avversari di mille battaglie e società sportive di tutte le Marche (ma non basta), che lo stanno ricordando con pensieri carichi di affetto: "In campo era un "10" puro, un centrocampista forte - è ancora lo zio che parla - Una qualità incredibile, un mancino da fare invidia. La specialità della casa erano le punizioni. Era fenomenale. Ricordiamo con affetto quando è partito a soli 14 anni per giocare con la Vis Pesaro.

Due anni dopo, a 16, ha esordito in serie C2, totalizzando venti presenze in due stagioni. Poi Fano, altre venti presenze nell’allora quarta serie. E da lì in poi un’ottima carriera, con oltre 250 apparizioni in Eccellenza e un altro centinaio in Promozione". Terminata l’esperienza importante da calciatore, ha subito partecipato al corso da allenatore e si è dedicato all’arte più nobile: quella dell’insegnamento ai giovani. "È partito dalla Castelfrettese (con cui aveva giocato nel massimo torneo regionale, ndr) fino alla prima squadra. Poi è tornato a casa, nella sua Marina, gestendo per una stagione e mezzo i ragazzi della Juniores". Era buono, vero e genuino. Non lo sostiene soltanto il familiare, ma chiunque abbia avuto il privilegio di conoscerlo e che sta giurando di non dimenticare mai il suo sorriso con cui prendeva di petto la vita. "Non doveva finire così", chiude Aldo.