La baby gang condannata a fare volontariato

In cinque sono stati ammessi per un percorso di messa alla prova che durerà otto mesi durante i quali dovranno fare volontariato, per uno l’ammissione alla map verrà valutata il 13 settembre prossimo, quando sarà fatto il punto sull’andamento degli altri e per una ragazza è arrivato invece il perdono giudiziale per la tenuità dei fatti di cui era accusata.

Si è chiusa così ieri l’udienza al tribunale dei Minori per sette imputati considerati il resto della banda dei baby bulli fermata e scoperta con le indagini della squadra mobile ad ottobre 2020.

In cinque finirono addirittura in manette con l’accusa di stalking ed estorsione aggravata.

Dopo aver mandato a processo gli elementi più pericolosi altri sette minorenni ora dovranno fare i conti con la giustizia. La Procura dei minori aveva chiesto il rinvio a giudizio e quella di ieri è già la seconda udienza che si è tenuta per definire i percorsi di recupero con le map, quelli che eviteranno ai baby bulli di affrontare un vero processo.

Mentre dietro le sbarre di tre penitenziari minorili finivano ragazzi tra i 16 e i 18 anni (la maggiore età di uno era stata compiuta dopo i fatti di cui era accusato), altri otto erano finiti indagati a piede libero (uno era maggiorenne), in concorso con gli stessi reati e con altre accuse quali la violenza privata, minacce e percosse.

Questi ultimi avrebbero contribuito ad aiutare i primi cinque, per i quali al tribunale minorile sono in corso le messe alla prova, nei loro scopi anche se in maniera più marginale.

Come? Con schiaffi, pugni, persino sputi in faccia filmati anche con l’aiuto del telefonino per enfatizzare l’umiliazione e la sottomissione, nei confronti di sei ragazzini minorenni come loro e una mamma di 39 anni che aveva provato a prendere le difese del figlio.

ma. ver.