La burocrazia complica anche scavare un pozzo

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Alberto Maria

Alessandrini *

Non possiamo chiamare emergenza ciò che ormai è una condizione ciclica. Se i cambiamenti climatici hanno sempre fatto parte della storia del pianeta, quantomeno oggi dovremmo iniziare a riadattare il sistema a queste nuove condizioni. Abbiamo speso miliardi per deturpare il paesaggio con impianti fotovoltaici a terra mentre molto poco si è voluto fare per quanto riguarda la raccolta delle acque. Basta guardare poco più indietro di noi, del nostro presente. I nostri nonni scavavano bacini e laghetti per convogliare le precipitazioni da riutilizzare poi in estate mentre adesso già le complesse pratiche burocratiche per la realizzazione di un pozzo fanno desistere molti. Posso fare una considerazione in particolare per la "mia" zona, quella di Osimo e della sua vallata che per fortuna gode ancora di alcuni benefici. La Valmusone infatti è una zona ancora fortunata, grazie anche all’invaso di Castreccioni. A mio avviso però non basta, serve superare alcuni ostacoli che inevitabilmente ci troviamo davanti. Strumenti ulteriori vanno senza dubbio posti in essere. Giusto per fare un esempio, occorrerebbe partire dall’azzeramento della burocrazia in tal senso e dall’adozione di pratiche agricole più efficienti (irrigazione a goccia e tanti altri). Sono solo alcuni dei punti che dovrebbero essere presi in considerazione. Confagricoltura da parte sua auspica che questa grave situazione abbia tolto ogni dubbio sulla necessità di superare la politica dell’emergenza per avviare un piano per la modernizzazione del sistema idrico che il Paese aspetta da oltre 20 anni. Nell’ultimo rapporto Istat infatti è contenuto un dato esemplificativo della condizione attuale: a causa della vetustà della rete, nel 2020 è andato perso un miliardo di metri cubi di acqua".

* Coltivatore diretto e titolare dell’azienda agricola Santa Paolina farm a Osimo