La furia del fiume non ha salvato niente "Abbiamo rischiato di restare sepolti nel bar"

Asmir Serici, titolare del Gatto Bianco, ha visto la morte in faccia. Enrico Raffaeli: "Mi sono salvato aggrappandomi a un’inferriata"

Migration

di Pierfrancesco Curzi

Il ponte sul Misa che taglia in due Pianello ha fatto da effetto booster per l’onda di piena del fiume. Sul fianco sinistro c’è una palazzina di tre piani dove un pensionato, Nando Olivi, proprietario dell’immobile, è morto dopo che la sua casa a piano terra è stata travolta. Sempre a piano terra c’è il bar Gatto Bianco: ora è distrutto, ma il bilancio poteva essere molto più drammatico: "C’è mancato poco, alcuni secondi e io e mia moglie saremmo stati sepolti dentro il nostro locale. Lei è rimasta ferita, per fortuna in modo lieve, e ora si trova all’ospedale di Senigallia". Asmir Seric, titolare del Gatto Bianco, ha visto la morte in faccia e ha un diavolo per capello. Poteva andare peggio, ma intanto il suo futuro è segnato da un enorme punto di domanda: "Ho lavorato sei anni per far crescere il mio locale e adesso è tutto svanito. Guardi che disastro, non si è salvato nulla e tutto per colpa di chi in questi anni non ha voluto sistemare il fiume, renderlo più sicuro. Lo vede il ponte con quelle piccole arcate? Come può quello spazio angusto lasciar defluire l’acqua? L’onda di fango ha trovato uno sbarramento e dopo aver colpito la campata del ponte è rimbalzata fuori verso l’edificio che ospita il mio bar travolgendo tutto con una forza incredibile". Seric ricorda quei secondi terribili: "Quando io e mia moglie ci siano accorti che il fiume era fuori controllo, abbiamo cercato di portare in salvo qualcosa, ma non ce l’abbiamo fatta. Un’onda vera e propria ci ha travolto, mia moglie è stata ferita dal cedimento della porta d’ingresso del bar, ma per fortuna siamo riusciti a scappare fuori. Pochi secondi e saremmo affogati lì dentro. Il livello dell’acqua, come vede, ha raggiunto il soffitto". In tutta la frazione ostrense, forse la più colpita della valle non solo per il sacrificio di vite, non c’è una casa, un magazzino, un negozio, uno scantinato che non sia stato aggredito dalla furia del fango. Un esercito di volontari si è unito ai residenti per limitare i danni, chi può dà una mano a spalare via il fango o a recuperare un pezzo di mobilia, un oggetto della casa. Il lavoro più delicato è liberare gli scantinati dall’acqua, ne va anche delle fondamenta degli edifici. All’ingresso del paesino, lato Casine d’Ostra un gruppo di persone sta facendo del proprio meglio per ripristinare il tutto. Tra loro c’è anche Enrico Raffaeli, ventenne del posto. L’incontriamo davanti a casa sua, a pochi metri dal ponte, ricoperto di fango dalla testa ai piedi. Anche lui è un miracolato: "Ieri sera (giovedì, ndr.) sono uscito per recuperare il mio cane quando ho visto il maltempo e il fiume ingrossato _ ricorda qui momenti Raffaeli _. Erano circa le 21 e nel giro di un paio di minuti è arrivato di tutto con una violenza inaudita, molto di più rispetto a quanto accaduto nel 2014. Sono riuscito ad aggrapparmi all’inferriata di una finestra del mio palazzo altrimenti la corrente mi avrebbe travolto. Nessuno ci ha messo in guardia, neppure un messaggio sui social eppure a Serra de’ Conti, che sta qui a 15-20 chilometri, era chiaro cosa sarebbe accaduto con il fiume in piena e la massa d’acqua che stava scendendo verso valle".