Lavori mai eseguiti, maxi frode Affari cinesi in gioielli ed edilizia

Società fittizie emettevano fatture, danaro convogliato su conti offshore. Un raggiro da 150 milioni di euro

Lavori mai eseguiti, maxi frode  Affari cinesi in gioielli ed edilizia

Lavori mai eseguiti, maxi frode Affari cinesi in gioielli ed edilizia

di Marina Verdenelli

Un sistema collaudato in cui tutti ci guadagnavano. Società fittizie emettevano fatture su lavori mai fatti e manutenzioni mai svolte che imprenditori pagavano tramite bonifici. Il denaro versato veniva poi girato in conti correnti cinesi e una parte ritornava, in contante, nelle tasche degli imprenditori che così pagavano meno tasse. Il giochetto andava avanti almeno da un anno, da gennaio 2022 a febbraio scorso, e a stroncarlo è stata la guardia di finanza del comando provinciale di Ancona che ha messo fine ad una maxi frode fiscale.

Accertata una evasione dell’Iva per 33 milioni di euro sia da parte di italiani che di cinesi. L’operazione, denominata "Fast & Clean" per la velocità con cui le operazioni illecite venivano portate a termine, garantendo la ripulitura del denaro mediante la simulazione di operazioni commerciali mai avvenute, è partita con un controllo antiriciclaggio fatto dalla tenenza della Guardia di Finanza di Senigallia, diretta dal comandante Francesco Cavuoto, su un laboratorio tessile di Corinaldo di proprietà di un imprenditore terzista cinese. L’impresa in questione aveva simulato, stando ai militari, costi fittizi tramite fatture per operazioni inesistenti ed emesse da altre imprese di cittadini cinesi. Spese per manutenzioni di macchinari mai eseguite e per operazioni di ristrutturazioni non fatte. Tutto per beneficiare di uno sconto nel pagamento delle imposte dal momento che l’azienda giustificava che aveva avuto dei costi oltre che dei ricavi. Da lì si è scoperchiato un sistema ben più ampio, che ha portato anche nelle regioni del nord Italia, Lombardia e Toscana, con imprenditori che avrebbero usato lo stesso stratagemma. Per la procura di Ancona, titolare del fascicolo il pm Rosario Lioniello, coordinato dalla procuratrice capo Monica Garulli, il meccanismo permetteva così ad imprenditori italiani e cinesi di evadere imposte e riciclare denaro che tornava in contante nelle loro tasche senza dichiararlo al fisco. Secondo le accuse sono 15 le società cartiere, con sedi fittizie in Lombardia e Toscana, che emettevano le fatture false. Gli imprenditori destinatari, che le dovevano pagare, versavano gli importi su conti italiani. I gestori delle cartiere disponevano bonifici di pari importo su conti cinesi. Le somme in gran parte venivano restituite in contanti agli imprenditori, come una sorta di banca occulta al servizio dell’economia illegale. Oltre l’opificio di Corinaldo ci sono altre attività che agivano così a Castellone di Suasa. L’operazione ha portato a 18 persone denunciate, per emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, di cui tre sono italiane e il resto cinesi, e ad una donna cinese sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari (vive a Corinaldo). Sarebbe stata l’artefice di tutto il giro. Sono 28 milioni le imposte dirette non pagate e 150 milioni il valore delle fatture false accertate. Le imprese coinvolte sono 600 e alcune di queste sono del settore delle costruzioni, concessionarie anche di crediti di imposta dei bonus edilizi.