Le dimissioni di Bocchini: "Candidato ineleggibile, ci siamo venduti alla politica. Io, scomodo ma coerente"

Il presidente uscente non ha gradito il nome del suo successore Mingarelli "Non poteva neanche candidarsi, il mio ricorso non è stato accolto".

Le dimissioni di Bocchini: "Candidato ineleggibile, ci siamo venduti alla politica. Io, scomodo ma coerente"

Il presidente uscente non ha gradito il nome del suo successore Mingarelli "Non poteva neanche candidarsi, il mio ricorso non è stato accolto".

di Sara Ferreri

Pierluigi Bocchini, se n’è andato sbattendo la porta da Confindustria Ancona. Cosa è accaduto?

"Con la designazione del nuovo candidato a presidente non c’erano più le condizioni perché potessi rimanere".

Il suo successore sarà Diego Mingarelli, che ne pensa? "Che è un candidato incandidabile che chiede di essere eletto essendo ineleggibile".

Si spieghi meglio...

"Mingarelli, ai sensi dello Statuto di Confindustria, è incandidabile ed ineleggibile. Ha un provvedimento disciplinare a suo carico, per aver contravvenuto alle regole elettorali durante la sua campagna alla presidenza nazionale di Piccola Industria di Confindustria nel 2022. A fronte di questo non ha opposto alcun ricorso. Motivo più che sufficiente, ai sensi dello Statuto, per non poter essere né candidabile né, tantomeno, eleggibile ad alcuna carica in Confindustria".

E perché la sua candidatura è stata invece avallata da Confindustria?

"Perché è il candidato ad autodichiararsi candidabile ed eleggibile ed è di fatto impossibile per l’organismo deputato al controllo dei requisiti formali alla candidatura, il Collegio dei Probiviri dell’Associazione, verificarne la veridicità della dichiarazione. Avremo un presidente di Confindustria Ancona che ha dichiarato di possedere i requisiti di candidabilità che in realtà non aveva pur di essere eletto. Direi un pessimo punto di partenza per il suo mandato".

Ma non ci sono controlli? Nessuno ha opposto ricorso?

"Sì, io. Dopo essermi dimesso da presidente dell’associazione ho proposto ricorso agli organi interni competenti. Non potevo farlo prima, ero il garante dell’imparzialità e della terzietà rispetto alle candidature, non potevo oppormi ad una di loro. Ho sperato fino all’ultimo che il candidato facesse un passo indietro per il bene dell’associazione".

L’esito del ricorso?

"È stato riconosciuto il vizio di legittimità ma non è stato accolto il ricorso in quanto, a dire dell’organo giudicante, è stato presentato troppo tardi. Il voto del consiglio generale avrebbe ’bonificato’ l’illegittimità. Un obbrobrio giuridico, ma, si sa, in Confindustria la ’magistratura’ interna tende ad allinearsi alla governance del momento e il vento in Viale dell’Astronomia, in questo momento, è favorevole al candidato designato".

Ha fatto cenno a delle promesse? A cosa fa riferimento?

"Sono stato di fatto a capo dell’associazione per 7 anni. Non ho mai visto partecipare ad una riunione nessuna azienda a partecipazione pubblica iscritta alla nostra Associazione. Ho avuto modo di apprendere, con mia grande sorpresa, che in questo percorso elettorale le stesse sono state particolarmente attive e abbiano richiesto di essere coinvolte nella fase di ascolto e indirizzo delle candidature. Suona strano".

Cioè?

"Ci siamo venduti alla politica. Quando onorevoli presidenti di commissioni in Parlamento iniziano a telefonare agli associati per indirizzarne il voto ed esponenti politici locali non fanno mancare il loro appoggio ad un candidato, il risultato è l’assoggettamento della rappresentanza al volere della politica. Confindustria, come ho avuto modo di dire, deve essere dialogante con le Istituzioni, mai subalterna. Ho invece assistito ad un imbarazzante spettacolo di nani e ballerine, squallido e desolante".

Chi la critica sostiene che lei come presidente sia andato troppo fuori dalle righe in alcuni casi, polemizzato troppo e con toni eccessivi...

"Ai posteri la sentenza. Accetto ogni critica. Posso solo dire che non c’è mai stata una mia sola dichiarazione o posizione assunta che non pensassi potesse essere funzionale al bene delle imprese e dell’Associazione che ho avuto l’onore di presiedere. Certo, spesso sono stato scomodo per chi governava il territorio, ma credo che Confindustria fa attraverso quello che dice e molto spesso il modo di dirlo ne condiziona l’efficacia".

Un bilancio del suo mandato: cosa rifarebbe e di cosa si è pentito?

"Rifarei tutto, anche gli errori, perché sbagliando si impara. Spero di essere riuscito a rimettere Confindustria Ancona tra i soggetti istituzionali di maggior peso della nostra provincia e della nostra regione, là dove merita di stare. Eravamo usciti dall’unione con Pesaro in Marche Nord con le ossa rotte, oggi Confindustria Ancona quando solleva una questione o interviene in un dibattito, viene ascoltata".

Neanche un rammarico?

"Sì, due i principali. Non essere riuscito a mantenere l’unione con Pesaro in Marche Nord e più in generale non essere riuscito a portare avanti e concretizzare l’aggregazione con le altre territoriali della nostra regione".

Il secondo?

"Alla luce di quanto accaduto avrei dovuto dimettermi prima e denunciare l’illegittimità della candidatura di Mingarelli non appena fu ufficializzata. Confindustria Ancona non merita di eleggere un presidente con un vulnus così evidente nelle procedure che ne decreteranno la sua elezione".

Ed ora? Cosa farà?

"L’imprenditore in Clabo. Ho 350 persone che mi stanno chiedendo di tornare ormai da alcuni anni, è ora che lo faccia".