
A tre mesi dalla sua esclusione dalla Giunta, l’ex assessore alla Cultura si toglie i sassolini dalle scarpe: "C’è chi mi ha spinto fuori, vedi Ciccioli".
Anna Maria Bertini, innanzitutto come sta? "Benissimo direi, mi sono rimessa in carreggiata dopo essere tornata a svolgere la mia vera attività, quella di consulente aziendale sui fondi comunitari". E il suo incarico in Regione? "Quello è soltanto un part-time, un paio di giorni a settimana". Rimpianti della decisione presa a gennaio di lasciare il suo incarico di assessore alla cultura ne ha ancora? "Non è stata semplicemente una mia decisione, non sono state dimissioni nel senso letterale del termine". Intende dire che ci sono state delle pressioni? "Diciamo che sono stata dimissionata. Sia chiaro, per come si erano messe le cose non c’era più troppo margine di manovra, anche se nessuno mi ha puntato una pistola alla tempia. E comunque la vicenda della Fondazione Muse a fine 2024 non c’entrava nulla, è stato solo un diversivo e un malinteso". Chi l’ha spinta fuori dalla giunta? "Una serie di figure, a partire da chi mi aveva voluto lì". Intende Carlo Ciccioli, oggi parlamentare dell’UE? "Sì, ma poi quella imposizione è stata accolta anche da sindaco e giunta. Per capirci, nessuno ha opposto resistenza a quella decisione. Ci sono state delle valutazioni politiche su cui io non entro, appunto non essendo iscritta ad alcun partito". Torniamo indietro alla costruzione della giunta di governo della città, giugno 2023: se non sbaglio fu proprio Ciccioli a volerla e a imporla al sindaco come assessore alla cultura, è così? "Corretto, anche se io avevo parecchie remore ad accettare quell’incarico. Di sicuro non ero entusiasta, non ho mai amato apparire e l’impegno era davvero oneroso". Quindi perché ha accettato? "Eravamo a inizio giugno, il centrodestra non aveva una figura femminile da mettere alla casella della cultura e così mi è stato chiesto di ricoprire quel ruolo. L’amicizia con Ciccioli allora mi ha spinto a fare un favore". Tutti contenti alla fine, no? "Meno la sottoscritta. Se c’è stata una volta in cui ho voluto davvero andarmene è stato nel giugno del 2024, ma Silvetti mi disse di tenere duro e di andare avanti e così feci". Il motivo della volontà di mollare? "Non poter svolgere al meglio il mio ruolo, vuoi per scarsità di risorse riservate alla cultura che per la difficile situazione interna, con dirigenti e personale che remavano contro". Quanto ha influito la carenza di risorse nei suoi 18 mesi da assessore? "Tanto, mi avevano fatto delle promesse poi non mantenute in sede di bilancio. Penso alle mostre, annunciate e poi annullate, ma non per volontà mia, quanto perché la qualità, se la vuoi, si paga. Per una mostra di spessore non basta l’allestimento, serve soprattutto una promozione straordinaria che però costa". Cosa rivendica del suo lavoro alla cultura? "La mostra dei nostri capolavori a Roma che è stata un successo, l’aver gettato le basi per quella appena inaugurata del Rinascimento Marchigiano tanto da essere inserito nelle linee guida di mandato, il ritorno ad Ancona del Premio Marche, i bando per le Manifestazioni d’Interesse per le associazioni e soprattutto Popsophia". Se la sente di giudicare il suo successore alla cultura? "Non conosco Marta Paraventi, forse l’ho incontrata una volta qualche anno fa. Lei ha un’impostazione diversa dalla mia. Posso solo dire che lei è entrata in un meccanismo molto complesso e le auguro di poter godere di maggior sostegno umano e finanziario, quel sostegno che io non ho ricevuto". Ha sentito la solidarietà dei suoi colleghi assessori dopo la fine dell’incarico? "Non troppa, con alcuni di loro non ho più parlato, con altri è andata meglio. Ricordo con piacere la difesa presa nei miei confronti da Stefano Tombolini durante una commissione, ha confermato la mia stima nei suoi confronti e lui, lo posso dire, sta facendo un ottimo lavoro. In linea generale ho notato una scarsa coesione, anche umana, all’interno della giunta comunale, ma è pur vero che c’era tanto da fare". Pierfrancesco Curzi