Ancona, marchi di lusso contraffatti e venduti online. Sequestrati 15mila capi

Maxi operazione della Guardia di finanza: 35 negozianti denunciati in tutta Italia. Una coppia di coniugi residenti in provincia faceva da tramite tra produttori e grossisti

L'operazione è stata condotta dalla Guardia di finanza

L'operazione è stata condotta dalla Guardia di finanza

Ancona, 29 gennaio 2020 – E’ di 35 denunce e 15mila capi di abbigliamento sequestrati (per un valore complessivo di oltre 4,5 milioni di euro) il bilancio dell’operazione portata avanti dalla Guardia di finanza di Ancona, e denominata ‘Spider web’, che ha stroncato un maxi-traffico in Rete di capi di abbigliamento e accessori di lusso contraffatti. Le griffe falsificate erano quelle di noti brand: da Gucci a Louis Vuitton, passando per Chanel, Prada, Hermes, Armani, Burberry e Lacoste, che hanno collaborato attraverso l’ausilio degli esperti anticontraffazione delegati dalle case produttrici. I militari delle Fiamme gialle hanno dato avvio alle complesse indagini, durate oltre sei mesi, effettuando una prolungata attività di presidio di siti web, profili social e pagine presenti su Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Youtube, individuando delle vere e proprie ‘vetrine virtuali’ di operatori specializzati nel mercato delle vendite di abbigliamento online. Tra queste è stata individuata un’impresa, gestita da due coniugi, S.A. di 43 anni e M.E. di 44, residenti in provincia di Ancona, che pubblicizzava la vendita di numerosi prodotti di lusso a prezzi concorrenziali, in particolare nella transazione tra il produttore e il grossista. Le successive indagini, condotte attraverso l’analisi dei flussi commerciali e finanziari, hanno consentito di appurare che tale ‘negozio virtuale’, riservato solo ad operatori del settore abbigliamento, ai quali veniva richiesta la registrazione sul sito web, era attivo nell’alimentazione del mercato del falso attraverso canali di vendita molto riservati che avvenivano via WhatsApp. I capi e accessori di lusso provenivano dall’estero, principalmente da Turchia, Bulgaria e Repubblica Ceca. E arrivavano in Italia attraverso i corrieri internazionali e venivano poi rivenduti e distribuiti a esercenti dislocati in ben dodici regioni. Come si diceva all’inizio, le ricerche hanno portato al sequestro di circa 15mila capi di abbigliamento che, una volta immessi in commercio, avrebbero fruttato oltre 4,5 milioni di euro. Denunciati a piede libero i 35 titolari degli esercizi commerciali interessati dall’attività illecita, per aver introdotto nel territorio dello stato e commercializzato prodotti con segni falsi nonché per ricettazione, reati che prevedono pene complessive fino a dodici anni di reclusione. Emblematica, in quanto in grado di trarre efficacemente in inganno i consumatori, è risultata la scoperta sui falsi capi di abbigliamento delle etichette con il ‘Codice Qr’ scansionabile, che una volta inquadrato attraverso un dispositivo mobile rimandava a un generico sito web di vendite online, mentre il vero ‘Quick response code’ contiene un codice univoco identificativo del prodotto e il link porta l’utente al sito web del titolare del marchio. Nel corso delle perquisizioni eseguite nei confronti di esercizi commerciali, sparsi tra Roma, Milano, Palermo, Torino, Bologna, Rimini, Napoli, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Nuoro e Pisa, sono stati rinvenuti documenti fiscali che falsamente attestavano la provenienza della merce direttamente dalle società titolari del marchio.