"Mi ha detto: ‘Papà, essere qui vuol dire coronare un sogno. Nell’individuale non ho ottenuto quello che volevo. Ma tornare a casa con questa medaglia è una gioia indescrivibile’". È mezzanotte inoltrata dopo la domenica. La finale tra Italia (seconda) e Giappone (primo) è terminata da un paio d’ore abbondanti. Il Grand Palais, bolgia di calore, si fa silenzioso. I riflettori si abbassano. Nel retro palazzetto, finalmente, papà Stefano Marini, impaziente, e suo figlio Tommaso, fresco dell’argento olimpico nella prova a squadre di fioretto, s’incontrano. Al telefono col Carlino il padre ripensa a quei momenti intimi. Si ferma, si emoziona: "L’ho abbracciato forte – il retroscena –, la prima cosa che ho fatto. Eravamo felici. Avevo sofferto moltissimo nel non poterlo vedere e l’attesa si è prolungata parecchio. Non c’era modo di accedere, viste le regole stringenti delle Olimpiadi".
Stefano, che segue Tommaso – campione mondiale, europeo e arrivato a Parigi da capolista del ranking internazionale di fioretto maschile – dalle prime stoccate, non poteva affatto mancare ai suoi primi storici Giochi a Cinque Cerchi. Era lì sugli spalti a tifare, lui che di tifo se ne intende vista la passione per l’Ancona, poi tramandata a Tommaso che gareggia con le magliette di Curva Nord. "Durante la gara sono riuscito a far gridare ‘Italia’ anche ad alcuni francesi – sorride Stefano –. Tommaso che gareggia dinanzi a 10mila persone non lo dimenticherò mai".
Al netto che, in 24 anni, Tommy di emozioni forti ne ha già dispensate un bel po’ alla famiglia. "Sì, ci ha abituati molto bene – integra la madre Anna, pure lei nella Ville Lumière accanto al figlio –. Tommaso era deluso dopo la prova individuale. Si erano creati forti aspettative, una pressione mediatica non indifferente ma anche contro l’atleta di casa Pauty, che aveva affrontato altre volte, stava gareggiando bene. Poi sappiamo com’è finita, in un ambiente peraltro sportivamente ostile. Ecco perché la medaglia d’argento a squadre, nel palcoscenico olimpico, il più prestigioso al mondo, è clamorosa. Specie perché condivisa con i suoi compagni e amici. Questo me l’ha ripetuto. Era contento", l’orgoglio della mamma.
Marini ha trascinato da veterano la squadra del ct jesino Stefano Cerioni. Contro la Polonia ai quarti, sbloccandosi e tornando a tirare da numero uno. Contro gli Stati Uniti, da dominatore (e le lacrime la dicevano lunga). Prima di incrociare un Giappone parso superiore: "Ci sarebbero troppe parole da dire – il post di Marini su Instagram –. Per ora mi limiterò a ringraziare voi che siete dei ragazzi speciali. Sono stato fortunato a trovare dei compagni di squadra così". Riferimento a Filippo Macchi, Guillaume Bianchi ed Alessio Foconi. Che lui stesso rincuorava. Da leader. "Abbiamo condiviso questo fantastico percorso insieme ed è stato bellissimo. Grazie alla guida del nostro grandissimo ct Stefano Cerioni che ci ha dato una marcia in più. Com’è il detto? Chi trova un amico trova un tesoro? E noi abbiamo trovato quattro splendidi argenti. Ragazzi vi voglio davvero tanto bene. Dopo dodici anni abbiamo riportato il fioretto maschile sul podio olimpico". E allora niente più delusione, quella è smaltita. Tommaso, dopo la festa di ieri sera a Casa Italia, torna ad Ancona (oggi) con una straordinaria medaglia d’argento. Meritatissima.