Mio nonno deportato nei lager nazisti "Così si salvo dalla soluzione finale"

I familiari di Giuseppe Zampetti di Serra San Quirico hanno ritirato la medaglia

Mio nonno deportato nei lager nazisti  "Così si salvo dalla soluzione finale"

Mio nonno deportato nei lager nazisti "Così si salvo dalla soluzione finale"

"Lui non ha mai voluto ricordare quell’esperienza dolorosa. L’unica cosa che ci ha raccontato l’arrivo nel lager, i tedeschi che li mettevano in fila e iniziavano a sparare e uccidere a caso i prigionieri. Quando è tornato a casa era roso di rimorso di essere stato fortunato rispetto a quelli che invece erano stati freddati sul posto. L’8 Settembre la sua scelta l’ha fatta, schierarsi contro la barbarie nazifascista". Lui è Giuseppe Zampetti, militare dell’esercito italiano, originario di Serra San Quirico, internato in un lager in Germania dal 10 settembre 1943 all’8 maggio 1945 (Zampetti è poi morto nel 1992). Uno dei pochi che è riuscito a sopravvivere allo sterminio della cosiddetta ‘soluzione finale’ nazista (appoggiata dai fascisti italiani) e a ritornare a casa. Un trauma, quella della deportazione e dei lavori forzati, che Zampetti non ha mai più dimenticato, continuando a vivere in un incubo perenne. A raccontare, quanto meno tentare di farlo, cosa possano aver visto gli occhi del militare della Vallesina ci prova Massimiliano Pasquini, il nipote di Zampetti che ieri mattina ha ritirato la Medaglia d’Onore, onorificenza tributatagli dalla prefettura di Ancona: "Lei pensi, non siamo mai riusciti a sapere da lui molti dettagli della sua deportazione, neppure in quale campo fosse stato tenuto. Ripeto, l’unica cosa che raccontava, quasi a volerlo esorcizzare, l’episodio in cui tutti i deportati venivano messi in fila e i soldati tedeschi sparavano a caso. Mio nonno era dispiaciuto, distrutto dal fatto che lui si fosse salvato, per uno strano caso del destino, mentre tanti altri erano finiti così, miseramente. La figlia, mia madre, e tutti noi sappiamo solo che è stato impiegato in una miniera perché era un omone forte. Quando è tornato a casa, dopo al fine della guerra, mio nonno aveva perso così tanto peso da essere irriconoscibile". Infine un monito alle giovani generazioni: "Mio nonno diceva sempre ‘se è una cosa del genere è accaduta allora potrebbe succedere di nuovo’. I tempi non sono dei migliori. Questa medaglia è un grande tributo che deve servire da monito ai giovani".