
Scarsa efficacia dei lavori in somma urgenza e mancata cura del fiume: il viaggio del Carlino lungo l’alveo del Misa, da Borgo Bicchia a Vallone di Senigallia, due delle frazioni duramente colpite dalle piene e dalle ondate di acqua e fango del maggio 2014 e del settembre 2022. ad accompagnarci dentro il fiume e in mezzo alle cause dei disastri provocati dalle forti piogge Andrea Morsucci, una delle anime del Comitato ‘Tra 2 fiumi’ che da anni si batte per stimolare le istituzioni a mettere in campo interventi risolutivi: "Il sindaco di Senigallia, Olivetti, l’ho portato con me più volte dentro il Misa come sto facendo con lei, quindi lui sa di cosa parlo _ racconta Morsucci _. Spero che una di queste volte anche il governatore Acquaroli accetterà l’invito. Se non si viene qui, è difficile capire il pericolo che si nasconde in anni di incuria e di interventi inutili e costosi. Pensavo che la lezione del 2014 fosse stata compresa da chi gestisce la politica regionale e locale e invece nulla. Ora, a distanza di un anno esatto, nessuno ha ancora imparato dagli errori. Nel maggio scorso, ma così anche a gennaio e marzo, c’è mancato un pelo che finissimo di nuovo sott’acqua. Per fortuna il Misa è esondato verso nord, lungo i campi, ma se avesse tracimato sulla sponda opposta, nei punti cardine delle due grandi alluvioni recenti, saremmo tutti finiti di nuovo sotto metri di fango".
Morsucci spiega le ragioni tecniche di quanto sta dicendo. Non bisogna essere un esperto di fiumi e fossi per capire che serve un intervento di ripristino dell’alveo originale del Misa e non di lavori che peggiorano il quadro: "Le gru stanno lavorando da un mese smuovendo la terra e compattandola ai lati, ma basta una pioggia per riportarla dentro il letto tornando daccapo _ rincara la dose Morsucci _. Milioni di euro buttati se il materiale da sedime non viene raccolto e portato via. Invece no, lo tolgono da lì e lo mettono là. L’alveo è stato ristretto e l’acqua quando non trova il suo percorso esce, per colpa degli argini ristretti e poco solidi e perché l’alveo è occupato da detriti e alberi caduti. Nel 2014, dopo la tragedia, sono stati tagliate migliaia di piante, le cause delle morti e dei danni e un ano fa è successa la stessa, identica cosa. Il fiume è sporco e quelle che io chiamo ‘parate’, ossia ostacoli naturali da eliminare, hanno un effetto distruttivo". Lungo il cammino ci siamo imbattuti in alberi a pezzi dentro il letto del fiume, canneti e arbusti ancora curvati dall’ondata di piena di 12 mesi fa, tratti di fiume sanati dalle ruspe e di nuovo trasformati in isolotti. E poi un albero particolare, alto 30 metri, aggrappato con le radici sul bordo del fiume: "L’ho denominato l’albero di Pandora. Presto anch’esso finirà dentro il Misa a fare da tappo".