Morto Mario: è il primo caso "Adesso sono libero di volare"

Farmaco letale in casa per il tetraplegico "La vita è meravigliosa"

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di Silvia Santarelli

"Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica. Ma ora finalmente sono libero di volare dove voglio". Saluta così, ‘Mario’, che sarà ricordato da chi gli ha voluto bene in vita ma anche dal resto d’Italia per essere il primo a morire con il suicidio medicalmente assistito. ‘Mario’ in realtà è il nome di fantasia che in questi due anni di battaglie legali ne ha garantito la privacy: il suo vero nome è Federico Carboni, un 44enne ex trasportatore di Senigallia tetraplegico da 12 anni, che è stato reso noto pochi minuti dopo la sua morte, avvenuta alle 11.05. Assistito dal dottor Mario Riccio, l’anestesista che affiancò Piergiorgio Welby, ‘Mario-Federico’ si è autosomministrato il farmaco letale (Tiopentone) tramite una macchina acquistata a proprie spese con 5mila euro raccolti dall’Associazione Luca Coscioni.

Gli amici e i familiari in giacca, la porchetta di Ariccia e nessuna lacrima, sono stati questi gli ultimi desideri di Federico. Per sostenere le spese per acquistare il macchinario che gli consentisse di schiacciare il bottone, l’associazione Luca Coscioni ha avviato una colletta: "Il macchinario sarà donato all’associazione per chi ne avrà bisogno dopo di me – aveva dichiarato Federico – continuate a sostenere questa lotta per essere liberi di scegliere".

Sono stati dodici lunghi anni quelli che il 44enne ha trascorso nel letto della sua abitazione, quel letto che giorno dopo giorni si è trasformato in una prigione dove lui, nonostante tutto, è riuscito a cogliere il meglio: "Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola – le utlime parole di Federico – Ma purtroppo è andata così. Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò".

Aveva 32 anni quando alle 3.30 del 16 ottobre del 2010 si è schiantato con la sua Volkswagen Polo contro un palo su Lungomare Italia, a Marzocca di Senigallia. Era stato sottoposto ad un intervento chirurgico alla spina dorsale, per la frattura di tre vertebre. Federico ha voluto che tutti indossassero la giacca e il sorriso, proprio come si fa nelle migliori occasioni: "Il giorno prima gli ho chiesto se avesse un desiderio – spiega Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni che ha assistito legalmente Federico – mi ha chiesto la porchetta di Ariccia e se l’è mangiata con la sua famiglia e i suoi amici. Un desiderio che denota la tranquillità con cui ha affrontato tutto".

Federico è rimasto sempre lucido, non ha mai perso l’ironia che lo contraddistingueva: tifoso della Juventus, amava ballare e ascoltare la musica Afro, la sua canzone preferita era ‘Io vagabondo’. Poi c’erano le serate alla Mecca, le ragazze e la compagnia, la stessa che per lui era una seconda famiglia. Lavorava come camionista, aveva una certa dimestichezza con la strada ma quella sera, per evitare qualcosa è finito contro un palo, un urto che ha cambiato radicalmente, per dodici anni, la sua vita. Dodici anni che lui ha voluto vivere al massimo delle sue possibilità e lo ha fatto anche ieri, quando ha voluto che fosse sbarbato, ha chiesto di poter indossare anche lui una giacca e di abbandonarsi così, come se fosse pronto a partire per un altro viaggio. Quella per cui ha lottato è stata una battaglia per la sua famiglia, perché tutte le persone a lui care potessero accompagnarlo fino all’ultimo e fino all’ultimo ha ringraziato tutte quelle persone, ‘loro sanno’, che in questi anni ci sono sempre state, ‘nonostante tutto’.

Federico ha trascorso la sua adolescenza con il ‘gruppo delle Saline’, tra zingarate nel quartiere e sul lungomare. Tempi che Federico ricordava senza un pizzico di nostalgia, quello che molti chiamano destino o fatalità, lui la chiamava vita. Oggi la salma sarà visibile nella sala del Commiato Onoranze Funebri Marco Mori, sabato, dopo la cerimonia di commiato privata, sarà cremata.

Avrebbe da tempo potuto scegliere di andare in Svizzera per essere aiutato a morire, invece ha lottato per ottenere il suicidio assistito in Italia affiancato da un pool di legali dell’Associazione, sulla base della sentenza della Corte Costituzionale sul caso CappatoDjFabo. Poi anche l’orgoglio per la battaglia combattuta e vinta con l’Associazione: "Abbiamo fatto giurisprudenza, un pezzetto di storia nel nostro Paese, sono orgoglioso e onorato di essere stato al vostro fianco".