"Noi, gli eroi già dimenticati"

Infermieri e giovani medici in piazza "Lasciati senza bonus e lavoro"

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Da una parte gli infermieri con addosso un sacco nero dell’immondizia che in emergenza hanno usato come camice anti contagio, dall’altra i medici appena laureati che senza borse per fare la specializzazione non riescono a completare la propria formazione e a trovare quindi un lavoro in ospedale, anche adesso che ce ne sarebbe molto bisogno. Due categorie che ieri mattina sono scese in piazza Cavour per un flash mob che ha radunato un centinaio di persone per chiedere attenzione a Regione e Governo. A guidare gli infermieri c’era il Nursind che ha voluto onorare i colleghi morti in tutta Italia lasciando volare in cielo un palloncino bianco ad ogni nome letto. Uno è stato anche per l’infermiera di Villa Adria Elia Fratini, deceduta per Covic-19 a fine marzo. E’ l’unico infermiere morto nelle Marche. Megafono in mano, i referenti territoriali hanno intonato molti no su quello che la categoria non è più disposta ad accettare. "Siamo 18mila nella regione – ha detto Elsa Frogioni, segretario territoriale del Nursind di Ancona – ci hanno chiamato eroi ma poi ci lasciano senza bonus e senza nemmeno l’indennità di malattie infettive che è 5 euro al giorno. Abbiamo vissuto l’emergenza nell’abbandono. Esigiamo controlli e test sierologici a tutti gli operatori perché ancora non ce li fanno. Siamo stanchi e pronti a protestare in ogni luogo". Addosso i manifestanti si erano attaccati un cartello con scritto "Giusto riconoscimento agli infermieri", riferito ai mille euro che ancora nessuno si sarebbe visto corrispondere in busta paga nonostante le promesse del Governo. A terra la bandiera del sindacato, in viso la mascherina protettiva e addosso un sacco nero dell’immondizia. "Erano quelli che abbiamo usato in ospedale quando non avevamo i dispositivi protettivi – ha spiegato Frogioni – tanti colleghi sono morti per queste mancanze. Oggi (ieri, ndr) siamo qui anche per onorare loro, pure il Santo padre è con noi e piange. Non si dovrà morire mai più perché manca una mascherina o un camice protettivo. Vogliamo sicurezza".

Un sfilza di nomi letti al microfono è rimbombata nella piazza per chi è morto di Covid. Poi un coro di sì quando Frogioni ha chiesto: "Siete pronti a lottare? Chiederemo un giusto riconoscimento? Regione e aziende sanitarie dovono darci conto, il miracolo lo abbiamo fatto noi, infermieri e medici fanno la differenza". Al flash mob si è unito anche Giuseppino Conti, presidente dell’Opi, l’ordine delle professioni infermieristiche. Un pensiero è andato ad un infermiere di 60 anni, ricoverato da più di due mesi in Rianimazione a Torrette. Ha 60 anni, moglie e figli. "Non riescono a guarirlo – ha detto Frogioni – si era aggravato subito, in pochi giorni, appena è stato male". Donato Mansueto, coordinatore regionale del Nursind, ha ricordato le 15 lettere scritte ad autorità ed enti oltre all’esposto in Procura ma "dalla Regione non abbiamo avuto risposte – ha detto il sindacalista – è dormiente nei nostri confronti". Leonardo Pizzolante, infermiere all’Inrca, ha rivelato che l’azienda gli ha fatto il tampone due settimane fa ma ancora non gli ha comunicato il risultato. "Abbiamo avuto più di 40 colleghi contagiati all’Inrca – ha detto Pizzolante – alcuni stanno ancora male".

I medici, dall’altro lato della piazza, sono arrivati con una valigia e cartelli con scritto "Specializzarsi è un diritto non un sogno" e "Basta imbuto formativo". "Il trolley è perché siamo pronti a lasciare l’Italia – ha commentato Antonietta che si è laureata ad ottobre e vorrebbe specializzarsi in pediatria – senza specializzazione non possiamo lavorare. Le borse sono insufficienti perché a fronte di 15mila ci sono 26mila partecipanti. Molti resteranno fuori".