
di Marina Verdenelli
A giugno l’uomo che le ha reso la vita un incubo è stato condannato a tre anni per maltrattamenti in famiglia. Una relazione con alti e bassi, degenerata negli ultimi quattro anni quando lui l’avrebbe picchiata e offesa quasi ogni giorno, anche quando è rimasta incinta del terzo bambino. Per dare forza ad altre donne Alessia Centonce, 44 anni, di Loreto, ha deciso di raccontare al Carlino come ce l’ha fatta. Al suo fianco ha avuto un avvocato, Laura Versace, che le è stata accanto facendole superare due richieste di archiviazione.
Alessia, come è uscita da questo incubo?
"Sono mamma e la forza l’ho avuta pensando ai miei figli. Non potevo più permettere che vedessero certe scene e che rischiassero anche loro. C’è stato un episodio, a settembre del 2018, in cui lui mi ha picchiata in auto, con a bordo i nostri tre bambini. Era venuto a prendermi al lavoro e guidava come un pazzo, percuotendomi, senza motivo, come sempre. Era nervoso quel giorno, non so come siamo usciti vivi dal veicolo. Ci ha buttati sulla strada, davanti casa di mia madre. Li ho detto basta, ho temuto per i miei figli, non sono più tornata a casa e l’ho denunciato".
Non era la prima volta che subiva?
"No, ho passato un inferno di violenze. All’inizio erano solo offese verbali, tante litigate per la gelosia di lui, voleva che facessi quello che mi diceva. Dopo le offese sono arrivate anche le percosse e con la nascita del terzo figlio la situazione è precipitata ulteriormente. Era il 2018".
Come vi siete conosciuti?
"Per caso, io lavoravo con la cugina della madre e un giorno l’ho incontrato. Inizialmente abbiamo avuto una bella storia ma già c’erano dei campanelli di allarme che avrei dovuto capire, come la forte gelosia".
Poi cosa è successo?
"La prima volta che mi ha alzato le mani ero terrorizzata che potesse fare qualcosa ai bambini se io avessi reagito. Così non ho fatto nulla. Ho avuto vergogna, non sapevo con chi parlarne, per timore, nemmeno a mia madre lo avevo detto. Prendevo le botte poi uscivo di casa e andavo al lavoro con il sorriso".
Dopo la denuncia cosa è successo?
"Sono stata per 18 mesi in una casa rifugio, con i miei figli poi sono andata a casa da mia madre. Mi sono ripresa la mia vita, i miei figli oggi sono sereni. Lui al processo non è mai venuto. La condanna mi ha resa felice anche se le ferite non le dimentichi ma rifarei tutto. Bisogna denunciare, non vergognarsi. Le donne oggi non sono sole, non devono aspettare il primo schiaffo. Tutte possono farcela".