L’odissea di un papà: “Rivoglio mia figlia, è nata in Grecia e non la fanno tornare”

L’ex moglie di Emilio Vincioni disse: partorisco all’estero "Ma non si è più mossa da lì e l’Europa le ha dato ragione". Ora dopo sette anni un tribunale italiano l’ha condannata

Emilio Vincioni insieme alla figlia, che ora ha sette anni: può vederla solo in Grecia

Emilio Vincioni insieme alla figlia, che ora ha sette anni: può vederla solo in Grecia

Sassoferrato (Ancona), 31 gennaio 2023 – Una vicenda intricata e per certi versi paradossale quella che coinvolge Emilio Vincioni e sua figlia, che tra qualche giorno compirà 7 anni. Sette anni in cui lei e il padre avrebbero avuto – stando a quanto racconta Vincioni – incontri di “poche ore, solo qualche giorno all’anno”.

Una figlia, la sua, avuta con l’allora moglie, una donna greca, che ha deciso di partorire all’estero e di non rientrare più in Italia. Un’odissea fatta di querele per sottrazione internazionale e trattenimento di minore all’estero.

Da punto di vista giuridico la storia ha comportato l’affermazione di un principio che farà giurisprudenza a livello comunitario. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che la bambina ha residenza abituale là dove è nata , cioè in Grecia. La stessa Grecia aveva dato ragione alla donna. Però la settimana scorsa c’è stato il colpo di scena: il tribunale di Ancona ha stabilito che la donna greca – che sarebbe dovuta rientrare in Italia dopo il parto – è stata condannata a due anni di reclusione e due anni di sospensione della responsabilità genitoriale per sottrazione internazionale e trattenimento di minore all’estero.

Emilio Vincioni, ci spiega esattamente cos’è successo?

"Io e la madre di mia figlia ci siamo sposati nel 2013, dopo un anno dall’inizio della nostra frequentazione. Sa, eravamo entrambe persone mature e tre anni dopo lei è rimasta incinta". Tutto ciò è accaduto nelle Marche, vero?

"Certo, io sono di Sassoferrato, in provincia di Ancona. Era qui che avevamo costruito un progetto familiare per una vita stabile insieme".

E poi?

"E poi, ci affidiamo a un ginecologo marchigiano che segue il parto e tutto va liscio. D’un tratto, però, lei mi rappresenta l’esigenza di partorire in Grecia, là dove è nata".

E lei come reagisce?

"Accondiscendo e accetto, benché in cuor mio sapessi che si sarebbe trattato di una importante limitazione".

Lei ha assistito al parto?

"Sì, a febbraio del 2016, quando è nata mia figlia, ero ad Atene e l’accordo informale tra me e mia moglie era di un pronto rientro in Italia".

Che non è mai avvenuto...

"Esatto. Una volta in Grecia, l’atteggiamento della mia ex moglie è cambiato. Ho temporeggiato e tentato di trovare soluzioni diplomatiche. A giugno, dopo quattro mesi, non potevo più aspettare".

E cosa ha deciso di fare?

"Dopo avere tentato (inutilmente) una soluzione diplomatica, ho fatto partire la querela per sottrazione internazionale e trattenimento di minore all’estero".

Intanto, ad Ancona si radica una causa per la separazione.

"Io chiedevo dei provvedimenti a tutela di mia figlia, ma il tribunale di Ancona ha statuito solo sulla separazione, non decidendo su mia figlia. A lei hanno pensato i giudici ellenici, decidendo in senso a me sfavorevole".

Il suo caso è finito persino alle sezioni unite della Cassazione, alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Corte di giustizia dell’Unione europea…

"Che io chiamo Corte di (in)giustizia".

È un’affermazione grave.

"La Corte di giustizia ha stabilito che un bimbo ha il suo luogo di residenza abituale là dove nasce. Com’è possibile? La residenza abituale di una persona è il suo centro di interessi, dove vive e ha gli affetti. E per il neonato è il luogo in cui è incardinata stabilmente la famiglia (o il suo progetto), a prescindere da dove nasca. Io e la madre di mia figlia vivevamo in Italia, lei è andata in Grecia per un mero fatto temporaneo e la Corte non può dirmi che la residenza abituale di mia figlia è la Grecia".

Ciò comporta ricadute giuridiche?

"Sì, perché a quel punto non ho più strumenti giudiziali per chiedere il rimpatrio, il cui prerequisito è la residenza abituale della minore in Italia. A me, sembra un’assurdità. Le posso fare un esempio?"

"Per paradosso, è come se una coppia (italiana) andasse in vacanza alle Seychelles. Se il figlio dovesse nascere prematuro mentre la coppia è in villeggiatura, il neonato avrebbe residenza all’estero. Vi rendete conto della portata di questa decisione?"

Torniamo a oggi: come stanno le cose?

"Adesso, sto lottando per il rimpatrio davanti alla Corte suprema ellenica. Mi negano il diritto di frequentazione con mia figlia, che non può venire in Italia. Così come mi negano di vederla da solo, in Grecia. Posso vederla solo in un luogo pubblico (parco o bar), con la madre (a cui è stata addebitata la separazione), agli orari e nei luoghi che, di fatto, lei stabilisce".

E i rapporti con la sua ex moglie come vanno?

"Ci sentiamo via mail o tramite Skype, non ho neppure il suo numero di cellulare per eventuali comunicazioni urgenti. Quando mi scrive, lo fa in greco, sapendo che lo capisco poco".

Si sarebbe mai immaginato tutto ciò?

"Mai. E vogliamo parlare dell’Italia?"

In che senso?

"Nel senso che il mio Paese si è chiamato fuori sulla bambina, lasciandomi da solo dentro un tritacarne greco".