Parà ucciso, foto troppo crude: oscurato il profilo Facebook

Già sentiti a Livorno i due nuovi testimoni che potrebbero riaprire il caso di Marco Mandolini

Il parà della Folgore Marco Mandolini

Il parà della Folgore Marco Mandolini

Ancona, 20 settembre 2015 - Quelle due nuove testimonianze potrebbero dare una svolta clamorosa al caso Mandolini. Uno dei due testimoni è stato ascoltato mercoledì. Non è la prima volta che entra in un’aula per deporre quella persona molto vicina al sottufficiale dei reparti speciali dei paracadutisti della Folgore Marco Mandolini, 34enne di Castelfidardo capo della scorta del generale Bruno Loi in Somalia, massacrato la sera del 13 giugno 1995 con quaranta coltellate e finito con una pietra che gli aveva fracassato il cranio sugli scogli del Romito a Livorno.

Ci sono orari che non combaciano. Neanche l’abbigliamento con cui Mandolini è stato trovato e visto per l’ultima volta. La seconda persona invece è stata interrogata venerdì mattina, convocata, pare, non per sua spontanea volontà. Su entrambi gli interrogatori la discrezione degli inquirenti è massima così come da parte dell’avvocato Stefano Maccioni di Roma, nome storico del caso Pasolini, in stretto contatto con i familiari di Mandolini. «Ci troviamo in un momento delicato e forse il più importante del ventennio da incubo. E’ solo grazie a noi familiari che il caso è ancora aperto», ci hanno raccontato gli stessi fratelli Francesco, di ritorno da Livorno, e Flaviano, gli unici rimasti a combattere dopo la morte dei genitori. Testimonianze connesse a quella lettera anonima ricevuta a casa un mese fa in cui la mano ignota faceva riferimento a un’agendina scomparsa dal taschino di Mandolini contenente però informazioni essenziali. L’altro ieri i fratelli hanno pubblicato sulla pagina dedicato al parà su Facebook tre foto del loro caro Marco assassinato, il suo corpo riverso in una pozza di sangue nella scogliera. Non l’avevano mai fatto in vent’anni.

«Se non adesso quando? Giochiamo il tutto per tutto», hanno detto. Una presa di coraggio che per l’ennesima volta è stata «bollata». Dopo poche ore il post è stato oscurato, troppe segnalazioni ricevute per la sua crudezza forse e il social network americano ne ha impedito la visibilità. Potrebbe celarsi un altro mistero dietro la censura. Francesco Mandolini le ha ripubblicate dopo poco scrivendo: «Avevamo messo quelle foto per mettere in evidenza la crudeltà e l’efferatezza di chi ha eseguito questa mattanza per dare un messaggio forte e chiaro anche a scapito della sensibilità di qualcuno. Mi sono ritrovato con commenti e foto spariti, come se a qualcuno dessero così fastidio da volerle far eliminare. Più le cancelleranno, più le replicherò».