È stata la prima donna Capo di Squadra Mobile in Italia: Fernanda Santorsola riceve un importantissimo riconoscimento dal presidente nazionale dell’Associazione della Polizia di Stato. Fernanda Santorsola, 91 anni ben portati, pugliese di nascita ma anconetana d’adozione, Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana, è stata una pioniera della Polizia di Stato e la prima donna, in Italia, a ricoprire il prestigioso incarico di Capo della Squadra Mobile. L’altra mattina, il presidente della Sezione dorica dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato, Giovanni Aguzzi e il Commissario Capo, Daniela Iscaro, in rappresentanza del Questore di Ancona Cesare Capocasa, le hanno fatto visita per consegnarle un importantissimo premio pervenuto dal Presidente Nazionale dell’Anps, Michele Paternoster, quale riconoscimento "per la brillante e prestigiosa carriera nella Polizia di Stato e per il prezioso e meritorio contributo offerto all’attività della Sezione di Ancona, volto alla crescita ed allo sviluppo dell’Associazione".
Fernanda Santorsola, entrata nell’allora Corpo di Polizia Femminile di Ancona, dal 1962 in poi si occupò, con grande impegno e sacrificio, di numerosissime attività di Polizia Giudiziaria finalizzate al contrasto dei reati in genere e, in particolare, a quelli legati alla prostituzione e ai minorenni. Le sue capacità investigative la portarono poi ad occuparsi anche della criminalità organizzata; le numerose indagini svolte in quegli anni le permisero di sgominare diverse organizzazioni criminali operanti nel Paese, dedite al traffico di droga, estorsioni, rapine. Tra le più note operazioni di polizia vi è sicuramente la cattura del "mostro di Marsala" che nel 1971 uccise, dopo averle abusate sessualmente, tre bambine una delle quali era la propria nipote. In quell’anno si era appena conclusa la prima "guerra di mafia", quando la Santorsola fu inviata a Trapani per collaborare nelle indagini che, fino a quel momento, non avevano raggiunto risultati apprezzabili. Nonostante la diffidenza degli inquirenti locali, la Santorsola fornì all’indagine un apporto decisivo, riuscendo a delineare l’ambito familiare che aveva caratterizzato l’intera vicenda e riaprire una pista investigativa già scartata in precedenza dai colleghi locali. Delegata dal Procuratore di Trapani, la giovane Santorsola interrogò con particolarmente empatia la sorellina di una delle vittime e capì che il "mostro" era lo zio di una delle bimbe. Infatti, dopo un lungo interrogatorio l’uomo confessò l’efferato delitto permettendo agli inquirenti di ritrovare, purtroppo decedute, le altre due bimbe rapite che l’assassino aveva seppellito in un campo vicino alla sua abitazione.