"Qui serve una scuola per attori"

Sonia Antinori, attrice, drammaturga e regista: "Ad Ancona prima c’era e non è vero che è troppo piccola per averla"

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In tempi di muri che si alzano, confini difesi col sangue e smanie identitarie che sembrano nascere con l’unico scopo di allontanare da sè gli altri e qualunque cosa sia ‘diversa’, forse dovremmo tutti prendere lezioni di nomadismo (fisico, intellettuale e culturale) da Sonia Antinori. Libertà di pensiero e apertura mentale, frutto anche della sua biografia, ne caratterizzano da sempre il lavoro, buona parte del quale svolto ad Ancona e nelle Marche. Attrice, drammaturga e regista teatrale, ma anche docente e ideatrice di progetti nazionali e internazionali nel segno delle scambio di esperienze e idee, Antinori mette (e trasmette) entusiasmo e passione in quello che fa.

Sarà per questo che molti suoi allievi sono andati lontano nella strada artistica imboccata, e la ricordano con stima e riconoscenza.

Antinori, partiamo dalla fine. Cos’è questo progetto ‘La langue des oiseaux’ di cui è capofila Malte, la compagnia di Ancona di cui lei è direttrice artistica?

"Un progetto europeo che coinvolge quattro organizzazioni culturali e creative di Francia, Germania, Spagna e Senegal. Attraverso laboratori e attività di formazione, come quelle finite domenica alla Mole, cerchiamo di favorire scambi culturali e artistici tra Paesi diversi. Si affronta anche il tema del ruolo dell’artista, che non è legato a un confine. Come gli uccelli, che grazie a un ‘linguaggio’ non legato a un territorio, si capiscono. I laboratori sono iniziati a marzo nei vari Paesi partner. Il 27 giugno ad Ancona ci sarà il frutto di questo lavoro, ‘Tapestry of Voices’, con ospiti internazionali. Per ora stiamo facendo un laboratorio a Jesi, con persone che vengono da tutto il mondo".

Se dovesse spiegare in poche parole cos’è Malte?

"Le lettere del nome stanno per musica, arte, letteratura, teatro... Ci occupiamo principalmente di quest’ultimo, di arti performative, con un’attenzione particolare al multilinguismo. Abbiamo lavorato anche su ‘I quaderni di Malte Laurids Brigge’ di Rilke, l’unico romanzo di questo poeta ermetico, esoterico e intellettuale, per chiederci come vediamo la realtà. Malte nasce per lavorare sulla drammaturgia contemporanea".

Che per molti significa un teatro ostico, incomprensibile.

"La drammaturgia cresce, e il teatro resta uno strumento che parla al presente. Basta creare esperienze più intense, e forme nuove che rispecchino il mondo odierno, questo sì difficile da capire. Comunque negli ultimi anni le cose sono cambiate. Ci si è resi conto che il pubblico è l’altra metà del cielo, l’altro membro di una coppia. Dopo anni di sperimentazione autoreferenziale i progetti vengono pensati come una relazione specifica con il pubblico. Vedi il nostro ‘Teoria della classe disagiata’, che alla Mole si interrompeva per chiedere al pubblico di partecipare, fino a creare uno spazio ‘promiscuo’".

Lei le capisce le censure agli autori e agli artisti russi?

"Bisogna rifuggire dalla generalizzazioni, come ammoniva Brecht. Ci sono tanti russi indignati per quello che sta succedendo. E’ un momento delicatissimo, ma non basta la solidarietà, serve uno sforzo di pensiero".

Intanto lei contribuisce a rendere Ancona un po’ più internazionale. Una volta c’era il Teatro Studio alla Mole.

"Io mi incatenerei per riaverlo! Ancona ha grandissime potenzialità, ma per il teatro serve una continuità di proposte, così che la città diventi un luogo di incontro permanente".

Come ricorda l’esperienza della Scuola del Teatro Stabile?

"Era ben fatta, e fatta ‘visceralmente’ da docenti come Carloni, Lisi, Caimmi, Moretti, la stessa Lucia Mascino... Molti allievi sono finiti alla ‘Silvio D’Amico’ di Roma. Non è vero che siamo una città troppo piccola per avere una scuola simile. Siamo un capoluogo di regione. Forse scontiamo la mancanza di facoltà universitarie umanistiche".

Pare che lei abbia girato mezzo mondo...

"La mia biografia scritta da Luca Celidoni dell’ Amat si intitola ‘Un nomadismo senza eccezione’. Sarà che sono cresciuta in un’atmosfera internazionale".

Raimondo Montesi