"Siamo pochi, servirebbe un medico di notte"

Lo sfogo di un dottore in servizio a Torrette: "Eravamo in due, abbiamo faticato tanto. Stiamo diventando medicina d’urgenza"

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Attese e visite, tempi e numeri, ma cosa significa veramente per chi è in ‘trincea’ lavorare al pronto soccorso di Torrette in questi anni post-pandemia? Ce lo racconta meglio di tante considerazioni la testimonianza diretta di uno dei medici in servizio e protagonista di turni difficili in questi giorni. Emergenze, casi drammatici, impossibilità di rispondere a tutti nei tempi voluti e sperati. Un messaggio diretto ai decisori, alla sanità e alla politica regionale: "Ieri (alcuni giorni fa, ndr.) sono smontato dalla notte che ho passato senza fermarmi un secondo _ racconta il professionista che non vuole essere reso riconoscibile _. Eravamo, come sempre accade nei turni di notte, in due medici di ps in turno e abbiamo davvero faticato tanto. Alle 3 di notte sono arrivati contemporaneamente un paziente affetto da arresto cardiaco che poi non ce l’ha fatta, con tutto quello che ne consegue, un altro coinvolto in un incidente da Jesi e poi uno da Ancora, un caso psichiatrico agitato e molto minaccioso. Nel frattempo c’è stato anche un periodo di tempo in cui la collega è dovuta entrare in area Covid e il sottoscritto restare a lungo in sala emergenza. Senza considerare quella ventina di pazienti che ormai ci sono sempre". Lo sfogo prosegue ed entra nel merito di regole d’ingaggio cambiate: "Ormai stiamo diventando un reparto di medicina con anziani che mediamente rimangono in carico al pronto soccorso per giorni in mancanza di posti letto la cui gestione è a volte complessa in quanto ci sono anche malati gravi" aggiunge il medico che infine affronta il tema del futuro: "Servirebbe un medico in più anche di notte, ma per arrivare a fare la notte in tre occorrerebbe aumentare la pianta organica di diverse unità. Non è possibile in queste condizioni garantire l’assistenza e la cura a coloro che hanno bisogno e accedono in Ps anche con determinate priorità di urgenza. Nel frattempo dobbiamo pure gestire un carico imponderabile di centralizzazioni dagli altri presidi ospedalieri del territorio marchigiano, senza dimenticare le periodiche ondate di Covid, come in questa fase, che impongono una rimodulazione continua di spazi da sacrificare e percorsi da riorganizzare con enorme flessibilità".