"Sono stato in Ucraina, al fronte". Michele Micalizzi racconta Cesura

Il fotoreporter all’Ancona Foto Festival parlerà dei suoi lavori, ricordando il collega Andy Rocchelli

"Sono stato in Ucraina, al fronte". Michele Micalizzi racconta Cesura

Il fotoreporter Gabriele Micalizzi del collettivo Cesura

E’ il collettivo fotografico Cesura il protagonista della seconda giornata dell’Ancona Foto Festival, in programma fino a domenica nella Sala Boxe della Mole Vanvitelliana. Maria Elisa Ferraris e Marco Durante racconteranno come nasce un gruppo del genere, in dialogo con Danilo Antolini, presidente dell’associazione Il Mascherone, che organizza la rassegna. Ma inevitabilmente, si parlerà anche di Andy Rocchelli, cofondatore del collettivo, e figura chiave di questa edizione del festival. Anche perché da ieri nella Sala Boxe c’è una mostra dedicata all’Ucraina, dove il fotografo fu ucciso dieci anni fa. Quando è scoppiata la guerra nel 2022 lui era nel Donbass già da una settimana.

Micalizzi, qualcuno l’aveva avvertito di cosa stava per succedere?

"Diciamo che è stato intuito giornalistico. Ero convinto che qualcosa stava per accadere. Ma sono rimasto in Ucraina solo tre mesi. Ultimamente non mi va più di seguire le vicende della guerra. In realtà il mio campo d’azione è più il Medioriente".

Quindi non ci tornerà più?

"Vedremo. Stiamo aspettando tutti di sapere come andranno le elezioni negli Stati Uniti’.

In quei tre mesi ha raccontato più quello che accadeva sul piano militare o le vite dei civili?

"Sono stato sul fronte, ma poi ho raccontato anche storie di cittadini comuni. Nelle guerre, a rimetterci sono sempre loro. In Ucraina c’è una guerra civile. A Mariupol la gente voleva solo vivere in pace. La città era ridotta a un campo da battaglia, ma gli abitanti non volevano andare via. ‘E’ casa nostra’, dicevano".

Che idea si è fatto di questa guerra?

"E’ una guerra economica. Hanno usato la contesa politica che c’è in questo Paese-cuscinetto come leva. La realtà è che l’Ucraina è piena di risorse naturali. Il conflitto si poteva evitare. Ma la diplomazia ha fallito".

Cosa rappresentava Cesura per lei e per Andy Rocchelli? "Eravamo giovani che sognavano di fare questo mestiere. Ci dicevano che il fotogiornalismo è un mestiere che ormai sta finendo. Ma in noi c’era voglia di avventura. Nel collettivo condividevamo tutte le esperienze’.

Rocchelli è stato ucciso, ma non ha ancora avuto giustizia. C’è rabbia, oltre al dolore per aver perso un amico e un collega?

"Nessuno è contento di vedere qualcuno andare in galera. Ma qui non c’è stata nemmeno l’ammissione che Andy e il suo interprete sono stati uccisi per errore. Il responsabile, inizalmente condannato a 24 anni, è stato assolto per un vizio di forma processuale".

Raimondo Montesi