Lavoro beffa a Senigallia, il sordomuto deve parlare al pubblico

Il disabile scrive contro l’incarico folle: “Spostatemi dall’ufficio informazioni“

La protesta dei disabili

La protesta dei disabili

Senigallia (Ancona), 2 agosto 2019 - Assunto a tempo indeterminato in un’azienda pubblica, dopo anni di difficoltà e di ricerca di un lavoro stabile. Un sogno che sembrava realizzato quello di un 34enne di Senigallia, da quasi due anni dipendente dell’azienda sanitaria delle Marche, impiegato all’ufficio protocollo dell’ospedale di Senigallia anche in attività di front-office e di relazioni con l’utenza. E invece è stato l’inizio di un incubo (e anche di un paradosso). E sì perché il 34enne in questione è sordomuto. Una «ipoacusia bilaterale congenita» che gli è stata diagnosticata e certificata dalla stessa Asur che ha deciso poi di impiegarlo in mansioni che per il giovane risultato oggettivamente molto gravose.

Oltre al danno di essere impiegato in mansioni che richiedono una comunicazione diretta con il pubblico e per lui cosa oggettivamente difficilissima, anche la beffa di avere in mano un certificato rilasciato dallo stesso ente da cui emerge «l’idoneità del lavoratore alla mansione per la quale è assunto di videoterminalista, ma con l’espressa prescrizione di non adibirlo ad attività di front-office e/o di relazioni con il pubblico». Fin dall’assunzione il 34enne ha chiesto più volte all’azienda sanitaria di essere spostato in un altro ufficio: la prima richiesta è stata presentata nel giugno 2018 e una seconda a febbraio di quest’anno. A nessuna delle due ha però ricevuto risposta.

Stanco e disperato il giovane si è rivolto all’Unione nazionale consumatori e tramite l’avvocato Corrado Canafoglia ha chiesto di essere spostato in un altro ufficio dove non abbia continua relazione con il pubblico. «Il diritto a un lavoro dignitoso e all’inclusione di un disabile – sottolinea l’avvocato – passa anche dalla collocazione del dipendente in una mansione confacente alle sue caratteristiche. Può un sordomuto essere addetto a un front-office e doversi relazionare continuamente con utenti che pongono quesiti e si aspettano risposte? Una collocazione del genere è chiaramente problematica sia per il dipendente, sia per l’utenza e quindi in ultimo per l’azienda stessa. È possibile che tutto questo accada all’interno di un ospedale? Ma soprattutto è possibile che un ufficio dell’azienda sanitaria rilasci un certificato, prescrivendo che il giovane non venga adibito ad attività lavorativa con contatti con il pubblico ed un altro ufficio invece lo metta al front office? È una storia inverosimile di un giovane affetto da sordomutismo che vuole lavorare, affrancarsi e vivere una normale quotidianità, pur con tutte le difficoltà e vorrebbe non trovare ostacoli ulteriori da chi dovrebbe aiutarli ad eliminarli, l’azienda ospedaliera in primis».