Sparò ai migranti, Traini fa il poeta Premiato al poetry slam in carcere

Il 32enne maceratese è arrivato terzo nella sfida a suon di versi con altri partecipanti arrivati dall’esterno. Ha scritto un testo sulla bellezza delle Marche con il rimpianto di non poterne godere per colpa dei suoi crimini

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di Valerio Cuccaroni

Gli occhiali posati sul cruscotto dell’auto, mentre aspettava che venissero ad arrestarlo. È il particolare che ha raccontato Luca Traini durante il laboratorio di poesia "Ora d’aria", organizzato dall’associazione Nie Wiem al carcere di Barcaglione, dov’è detenuto. Il famigerato attentatore di Macerata fu arrestato il 3 febbraio 2018. Quel giorno, "sconvolto dalle modalità brutali con le quali è stata uccisa Pamela", come raccontò dopo l’arresto riferendosi alla ragazza uccisa dallo spacciatore Innocent Oseghale, Traini salì sulla sua Alfa Romeo 147, deciso ad andare in tribunale ad uccidere l’assassino, mentre poi sparò a caso, con una pistola semiautomatica Glock 17, a persone di colore, in giro per Macerata, ferendone sei.

Proiettili e poesie, di solito, non vanno a braccetto nell’immaginario collettivo. Nella patria di Dante, invece, dovremmo essere abituati al connubio tra versi e violenza. E se c’è un luogo dantesco, sulla terra, questo è il carcere: un inferno, per chi non può più uscirne, o un purgatorio, dove si sconta la propria pena, in ogni caso un aldilà terreno, popolato da condannati ed espiatori. Non siamo più nel Medioevo, però, non c’è bisogno di immaginare creature angeliche e demoniache: la poesia può nascere anche dalle piccole cose. Quindi, invece di assecondare la fantasia di Traini, popolata di lupi e altre creature della mitologia nordica, Nie Wiem ha lavorato con lui per scavare nella sua interiorità e trovare un correlativo oggettivo, ovvero una piccola cosa che potesse riflettere la sua condizione interiore. Abbandonato dunque il suo cupo immaginario, la scelta è caduta su quegli occhiali lasciati sul cruscotto prima di consegnarsi alle forze dell’ordine. Segno della propria fragilità, gli occhiali gli servono perché non vede bene da un occhio. A causa loro da piccolo fu bullizzato e quello fu il primo momento in cui non è riuscito a gestire la rabbia.

Traini non ha perso nessuno degli incontri organizzati in carcere da Nie Wiem, in collaborazione con il Comune di Ancona e il Garante dei Diritti della Persona delle Marche. Anzi, per prepararsi meglio al Poetry Slam, alla gara di poesia ad alta voce con cui si sarebbe concluso il laboratorio, Traini ha chiesto un ulteriore incontro. Così, pur con qualche titubanza, il 14 novembre ha potuto sfidare in carcere i poeti, provenienti dall’esterno, Gabriele Bonafoni, Marco Dell’Omo, Max di Mario, Natalia Paci, Antonio Prenna e Matteo Mazzoni, nel Poetry Slam condotto dal Maestro di Cerimonia Luigi Socci. A giudicare le esecuzioni poetiche una Giuria estratta a sorte tra il pubblico, composto di carcerati. Traini ha deciso di non sviluppare la poesia sugli occhiali, ma di puntare, per la prima manche, su versi che esprimessero la condizione del carcerato, composti da solo nei giorni precedenti. Tra la prima e la seconda manche, ha invece scritto di getto un testo sulle bellezze delle Marche e sul rimpianto per non poterne godere, a causa del proprio crimine, considerato un grave errore. Alla fine si è classificato terzo e potrebbe forse partecipare alle finali regionali del campionato nazionale della Lega italiana poetry slam (Lips).

Durante il laboratorio Traini ha detto che in carcere ha trovato una sorta di serenità, tra gli attrezzi in palestra e i libri in biblioteca, ricordando così la condizione di Meursault, protagonista del romanzo di Camus "Lo straniero", che gli è stato consigliato di leggere. Chi si accultura in carcere, ha più possibilità di non tornarci.