
Il comitato fa scudo e continua a raccogliere firme: "Rischi per i cittadini a causa delle emissioni inquinanti. L’impatto ambientale non è stato adeguatamente valutato, decine di abitazioni ne risentirebbero".
L’ultimo atto di una lunga serie di incontri e faccia a faccia si è consumato venerdì scorso al circolo Anspi "Il Pozzetto" della parrocchia di Tavernelle quando s’è svolta anche una partecipata assemblea pubblica su un tema tanto attuale quanto sentito: i residenti del quartiere dicono "no" alla costruzione dell’impianto di cremazione al cimitero di Tavernelle.
Il consiglio comunale di Ancona, infatti, lo scorso novembre ha approvato la realizzazione dell’opera che sorgerà a ridosso della casa del commiato. "Il crematorio è un inceneritore, è un’industria insalubre, è vicino a casa tua" recita il volantino distribuito nel rione che riporta anche altri slogan come "Proteggiamo la nostra casa" e "Proteggiamo la nostra salute": nel primo caso, infatti, i cittadini ipotizzano un deprezzamento degli immobili e un conseguente declino del quartiere, nella seconda il rischio sanitario derivante dalle emissioni inquinanti. Inoltre segnalano l’inosservanza del principio di precauzione e l’assenza di indagine d’impatto ambientale.
"Premesso che da parte nostra non c’è alcun pregiudizio nei confronti della pratica della cremazione, in costante aumento negli ultimi vent’anni – riporta il comunicato del comitato – ciò che vogliamo manifestare è la nostra contrarietà alla realizzazione del crematorio nel luogo prescelto, ovvero all’interno del cimitero di Tavernelle". I cittadini promotori dell’iniziativa che si oppone fermamente alla costruzione di tale impianto all’interno del cimitero ritengono che non siano stati adeguatamente valutati l’impatto ambientale dell’opera e i potenziali rischi per la salute pubblica, oltre alle ricadute economiche inevitabili sul patrimonio immobiliare circostante.
Quel lato del cimitero di Tavernelle, infatti, è circondato da campi coltivati, ma a poche centinaia di metri ci sono tante abitazioni che risentirebbero evidentemente delle emissioni della struttura di incenerazione. Il dissenso e il malessere nasce anche da altri aspetti. I residenti, infatti, lamentano la totale assenza di comunicazione nei loro confronti: tantissimi sono i residenti della zona di Tavernelle che non sapevano nulla di questo via libera da parte del Comune. Inoltre sottolineano come in Italia manchi una normativa specifica e aggiornata sugli impianti di cremazione.
Nello specifico, la Regione non ha ancora adottato il piano di coordinamento regionale. Nel 2021 il consiglio regionale aveva approvato all’unanimità una mozione con cui impegnava il presidente della Regione Marche ad adottare senza ulteriori ritardi, il piano regionale di coordinamento per la realizzazione di crematori. A distanza di quattro anni, però, la Regione Marche non ha ancora dato seguito a tale impegno, a differenza di quanto accaduto in altre regioni.
Così si verrebbe a realizzare un impianto che costa 2,5 milioni di euro per l’incinerazione di circa tremila salme, quando nelle Marche ci sono già gli impianti di Fano (4mila/anno), San Benedetto (3mila/anno), e Ascoli (1500/anno). Con Ancona si supererebbe il potenziale numero di diecimila, ma al momento le salme cremate sono meno di cinquemila all’anno. Un’opera inutile? Il Comune di Ancona, tra l’altro, secondo il comitato, avrebbe ignorato una sentenza del Consiglio di Stato che assimila gli impianti di cremazione agli inceneritori, classificati come industrie insalubri di prima classe. Eppure la costruzione del crematorio a Tavernelle era già stata inserita nel piano regolatore dal 2009. E a novembre è stata votata quasi all’unanimità dal consiglio comunale.