MARINA VERDENELLI
Cronaca

Nell’inferno di Marrakech: “Crolli ovunque, c’era da piangere”

Nicoletta Mancini, anconetana, era col marito, il figlio e una comitiva a cena in un ristorante: "Il pavimento non finiva più di sobbalzare. E’ stato il caos"

Ancona, 11 settembre 2023 – Erano al ristorante, nel centro di Marrakech, quando c’è stato il terremoto. Una famiglia anconetana, in viaggio con altri amici, un tour organizzato, la scossa di venerdì scorso, che fatto per ora più di 2mila morti, l’ha sentita forte. In Marocco c’erano Nicoletta Mancini, 54 anni, che lavora all’autorita portuale, il marito Marco Abbondanzieri, 53 anni, titolare di una impresa di impianti elettrici, e il loro figlio Pietro, di 16 anni.

La comitiva anconetana accampata davanti all’aeroporto di Marrakech
La comitiva anconetana accampata davanti all’aeroporto di Marrakech

"Siamo riusciti a tornare a casa sani e salvi - racconta Mancini al Carlino - ma abbiamo lasciato uno scenario da guerra. Adesso il pensiero è tutto per quella povera gente. Venerdì siamo andati a cena un po’ tardi, dopo le 21, in un locale che ci era stato consigliato dal riad dove alloggiavano. Eravamo sulla terrazza, al secondo piano. Stavano quasi uscendo perché la cena era ormai finita quando ho sentito il rumore del pavimento che iniziava a tremare. Abbiamo capito subito che era il terremoto perché lo conosciamo bene. Io ho pensato che crollasse tutto.

Il pavimento sobbalzava, non finiva più. Abbiamo aspettato che finisse poi siamo usciti tutti, per le scale interne". Arrivati in strada la famiglia anconetana, con loro c’erano altre sei persone, tutte dello stesso gruppo vacanza e tutte di Ancona, ha visto subito l’orrore dei crolli.

"C’erano macerie, case crollate, era il caos, gente in panico, qualcuno litigava, altre piangevano. È venuto da piangere anche a me. Mio figlio mi ha preso la mano per rincuorarmi. Noi non realizzavamo nemmeno bene dove eravamo e dove potevamo passare per tornare al riad per prendere le nostre cose, i documenti e raggiungere l’aeroporto. I nostri cellulari non funzionavano".

Fermando un ragazzo marocchino il gruppo si è fatto prestare un cellulare per chiamare le loro due guide locali e chiedere aiuto e assistenza. "Non ci hanno mai abbandonato - dice Mancini - nonostante il brutto momento per il loro Paese. Non era scontato che in tutto quel disastro lo facessero. Se siamo riusciti a tornare a casa è grazie a loro". Il gruppo vacanza anconetano prima è tornato al riad per prevedere le proprie cose.

"Abbiamo dovuto scavalcare macerie - spiega Mancini - perché le strade non erano tutte libere e li i passaggi sono dei labirinti. Poi abbiamo raggiunto una piazza e dopo ancora una strada dove ci aspettavano le guide. Un primo gruppo è stato caricato a bordo di un mezzo diretto in aeroporto. Io e mio marito abbiamo dovuto prenderne un altro perché tutti a bordo non ci stavamo. La guida ha convinto un signore con un furgone a portarci in aeroporto". In un giardino hanno passato la notte poi al mattino le guide hanno portato loro la colazione. Atteso che l’aeroporto aprisse sono entrati in attesa dell’imbarco. L’aero era in partenza per le 14 di sabato. "In aeroporto c’è stata un’altra scossa e ci siamo spaventati - dai negozi era caduta tutta la merce a terra". A mezzanotte il rientro a casa. "Abbiamo visto posti bellissimi. Pensare che ci sono stati tutti quei morti è terribile".