"Una malattia rara a un mese di vita Così hanno salvato il nostro Federico"

La testimonianza del consigliere comunale Tommaso Fagioli: "Devo ringraziare quei medici dell’ospedale Salesi"

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di Giacomo Giampieri

Tommaso Fagioli, con sua moglie come avete capito che qualcosa non andava?

"Federico da alcuni giorni era strano. Presentava un gonfiore sul ventre ed aveva una colorazione particolare sul viso, come fosse giallognolo. Ci siamo insospettiti ed abbiamo deciso subito di procedere con degli accertamenti più specifici".

Di che tipo?

"Anche su consiglio della pediatra, ci siamo rivolti al Salesi e il personale medico ha disposto una serie di esami, alcuni dei quali anche molto invasivi. Come la biopsia al fegato, che in realtà ci ha permesso di capire di che cosa soffrisse nostro figlio".

Ovvero?

"L’esame ha fornito un quadro piuttosto preoccupante, tant’è che la sintomatologia era compatibile con l’atresia delle vie biliari. Ovvero una malattia piuttosto rara che è causata dall’accumulo di bile nel fegato, piuttosto che nell’intestino. Inoltre aveva la bilirubina alta. E così si è deciso di procedere con l’intervento ospedaliero".

Chi lo ha realizzato?

"L’equipe guidata dal direttore della chirurgia pediatrica del Salesi, professor Giovanni Cobellis. Ci hanno anche informato che se la situazione fosse stata più grave del previsto, avrebbero dovuto applicare l’intervento di Kasai, che serve per costruire una via di drenaggio per permettere alla bile di uscire dal fegato e arrivare nell’intestino. Al giorno d’oggi è un’operazione sicura, ma che può lasciare conseguenze per tutta la vita. Invece, per fortuna, non c’è stato bisogno".

E perché?

"Perché quando Cobellis ha ‘aperto’ il corpicino di Federico ha visto che la bile per fortuna scendeva, seppure lentamente. E con un altro esame, la colangiografia, abbiamo scoperto con sorpresa che il fegato era occluso ma era comunque possibile deostruirlo dalla bile in eccesso. Le vie biliari funzionavano bene, non vi era atresia: bensì era la bile più densa che ostruiva. Quando l’intervento è stato completato, in sala operatoria medici e infermieri si sono lasciati andare ad un boato di gioia. Per aver salvato una vita, quella di nostro figlio, sottratta alla morte da grandi professionisti e campioni di umanità".

E che emozione avete provato?

"Ci siamo commossi, abbiamo pianto appena ci hanno avvertiti. Rischiavamo di perderlo entro un anno. Per questo abbiamo ringraziato con il cuore chi ha permesso a Federico di avere un futuro sereno. Oltre al professor Cobellis, voglio menzionare pubblicamente il dottor Carlo Catassi, direttore della clinica pediatrica, la dottoressa Simona Gatti, dirigente medico della clinica pediatrica e Alba Cruccetti ed Edoardo Bindi che hanno fatto parte dell’equipe. Nonché Lauretta Paolucci, la ferrista, che oltre ad essere un’amica di famiglia è stata il nostro angelo custode. Vicina a noi, dentro e fuori dalla sala operatoria. Abbiamo un’eccellenza straordinaria in casa nostra, ad Ancona, il Salesi, nella quale lavorano persone straordinarie, estremamente preparate, di un enorme spessore morale. Dobbiamo testimoniarlo a tutti".

Sua moglie come sta?

"Benissimo, ora. Ma abbiamo trascorso una ventina di giorni di inferno. Superati grazie alla sua tenacia e lucidità, che hanno fatto sì che potessimo andare avanti tutti con forza, fede e fiducia nella scienza e nella medicina. Elisa è stata brava a gestire la situazione dall’ospedale, io mi sono occupato della piccola Anna a casa. Non è stato semplice, ma è finito tutto per il meglio".

Ora?

"Ora siamo finalmente pronti per il battesimo di Federico. Sarà una grande festa con parenti e amici. Una festa che sa di vita e speranza".