"Un’opera tra musica e parole E’ la Buona Novella di De Andrè"

Neri Marcorè arriva in prima nazionale da domani a domenica al teatro delle Muse "Le sue canzoni avranno una veste nuova e sul palco ci saranno anche dei ragazzi".

"Un’opera tra musica e parole  E’ la Buona Novella di De Andrè"

"Un’opera tra musica e parole E’ la Buona Novella di De Andrè"

Gran finale per la stagione in abbonamento di Marche Teatro. Da domani (ore 20.45) a domenica al Teatro delle Muse va in scena la prima nazionale de ‘La Buona Novella’ di Fabrizio De André, con protagonista Neri Marcorè. Lo spettacolo, in prova da giorni alle Muse, è firmato da Giorgio Gallione (drammaturgia e regia) e Paolo Silvestri (arrangiamenti e direzione musicale), ed è co-prodotto da Marche Teatro. Dopo Ancona sarà al Carcano di Milano, per poi iniziare la tournée nella prossima stagione.

Gallione precisa che ovviamente "non è la riproposizione del disco, che dura 37 minuti, ma uno spettacolo di teatro musicale in cui ho utilizzato parole e racconti dei vangeli apocrifi, gli stessi che ispirarono De André. Ci sono monologhi che fanno da raccordo tra le canzoni. D’altronde si dice che De André inizialmente concepì il disco come una serie di brani cantati da voci diverse. Invece è lui che parla in prima persona, come se fosse Maria, Giuseppe...".

Anche Marcorè ricorda questo fatto, oltre alla ‘scoperta’ di un disco epocale. "A 13 anni una zia mi regalò il vinile. Non ne fui conquistato. Lo riscoprii grazie al doppio album live fatto da De Andrè con la Pfm".

Forse non è il disco ideale per un tredicenne...

"Diciamo che iniziai la scalata a un’opera che richiede molta attenzione, sia perché musicalmente raffinata, sia per i testi ricchi di simbolismi. E’ anche il primo concept album italiano. In molti dischi di De André in realtà c’è un tema portante, dall’ ‘Indiano’ a ‘Anime salve’".

Ribadiamo che lei non fa delle ‘cover’ delle canzoni.

"Questo spettacolo è un’opera a sé stante, che alterna musica e parole".

C’è chi si stupì nel vedere un cantautore impegnato come De André volgere lo sguardo ai vangeli, seppur apocrifi, poco dopo il ‘68. Una sorpresa piuttosto ‘superficiale’.

"De André usa metafore e allusioni per parlare del potere, dell’influenza che il potere esercita su società, comunità, famiglia. C’è chi decide di affrontarlo, il potere. Come Cristo, che ne viene distrutto. Ma la sua parola gli sopravvive da quasi due millenni".

Gli arrangiamenti delle canzoni sono fedeli all’originale?

"No, la veste è nuova, non c’è fedeltà al disco. In scena ci sono quattro ragazze e un ragazzo che suonano e cantano".

I vangeli apocrifi li ha letti?

"Ne ho sfogliati alcuni. ‘La Buona Novella’ umanizza la figura di Gesù, che per alcuni è solo divinità, per altri solo uomo. De André sottolinea l’umanità di Gesù, e così ce lo rende molto più vicino. Anche la figura di Maria, ‘co-protagonista’ dell’opera, è molto umanizzata. E’ una madre che vede il figlio morire crocifisso. Come le altre due, che però le dicono: tu fra tre giorni vedrai tuo figlio risorgere".

A livello vocale pare che la sua voce e quella di De André si somiglino.

"Abbiamo lo stesso registro. Infatti mi capita di fare concerti in cui interpreto le sue canzoni, anche quelle di ‘Creuza de mä’. Anzi, soprattutto quelle. Con Mauro Pagani siamo diventati amici".

Il brano preferito del disco?

"‘Ave Maria’. Ma anche ‘Il testamento di Tito’, rilettura dei dieci comandamenti che evidenzia le contraddizioni che sorgono quando si tratta di metterli in pratica".

De André, ma anche Gaber e Pasolini. Lei porta in scena spesso voci ‘fuori dal coro’.

"Sono figure di riferimento, ma le loro opere non vengono messe in scena spesso. Sarebbe un peccato perderle".

Raimondo Montesi