Urbani, cluster nel reparto no Covid

Sono in tutto sette i contagiati tra cui un dottore, un’infermiera e un oss. Tutto è partito da un paziente

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Un cluster in un reparto medico no Covid dell’ospedale Carlo Urbani: sarebbero sei i positivi tra personale e pazienti trasferiti in Broncopneumologia (Covid). Si tratta del dipartimento post acuzie al quarto livello del Carlo Urbani dove si è sviluppato un focolaio che sarebbe partito da un paziente ricoverato in quel reparto nei giorni scorsi, con un’infezione polmonare e altre patologie, ma negativo al tampone. Da lui, ex infermiere jesino in pensione con patologie pregresse, e in particolare da un intervento di aspirazione della trachea effettuato la scorsa settimana si sarebbe contagiato il medico di un altro reparto che avrebbe effettuato con mascherina ma senza visiera né occhiali, l’aspirazione e una oss e un’infermiera. Ma anche altri due pazienti ricoverati nello stesso reparto, uno dei quali in condizioni particolarmente critiche. Il dipartimento post acuzie e gli spazi frequentati dal personale sono stati bonificati e sanificati lunedì ma il fatto, non comunicato ufficialmente dalla direzione sanitaria, è emerso ufficiosamente solo nelle ultime ore. Il paziente ‘zero’ così come gli altri risultati positivi al tampone, sono stati trasferiti nel reparto Covid Broncopneumologia. Un fatto che emerge in una fase in cui anche i reparti no Covid sono blindati con il divieto di ingresso ai familiari dei pazienti ricoverati con possibilità quindi di contagio ridotte al lumicino. Il tampone all’ex infermiere jesino, effettuato alcuni giorni prima del ricovero, sarebbe risultato negativo così come quello degli altri pazienti ricoverati nello stesso reparto e poi positivizzatisi nei giorni scorsi. Il cluster al Carlo Urbani solleva un problema che riguarda tutti i reparti no Covid dove le dotazioni dei dispositivi di protezione individuale e anche il loro utilizzo sono limitati. Alcuni infermieri rivelano di aver dovuto insistere per avere le mascherine del tipo FFp2 al posto delle chirurgiche e in pochi lavorerebbero con gli occhiali o le visiere protettive. Dopo il fatto una circolare della direzione sanitaria ha chiesto la massima attenzione nell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. "Ci dotano di camici e copriscarpe – lamentano alcuni infermieri - ma i pazienti entrano con una semplice chirurgica e noi stessi abbiamo dovuto insistere per avere le Fpp2. Il contagio avviene tramite bocca e occhi sarebbe sufficiente schermare questi in maniera adeguata visto che la trasmissione tramite vestiario non è stata ancora provata".

Sara Ferreri