
La moglie lo accusa di maltrattamenti pesanti e anche di violenza sessuale. Per il marito lei avrebbe amplificato cose che non sono mai avvenute. Un processo che è quasi alle battute finali quello che vede imputato davanti al collegio penale presieduto dalla giudice Francesca Grassi un imprenditore jesino di 53 anni. L’uomo giovedì ha raccontato la sua versione dei fatti che stride su quanto ha denuncialo la consorte, ormai ex, ai carabinieri. Stando alle accuse, che hanno portato a processo l’uomo per maltrattamenti in famiglia aggravati e violenza sessuale, l’imputato avrebbe avuto condotte aggressive dal 2015 al 2019. Durante banali discussioni che avvenivano in casa con la moglie, 52 anni, anche lei dello Jesino, sarebbe stata picchiata e umiliata. Nell’aggredirla fisicamente l’avrebbe anche frustata con la cinghia dei pantaloni. Un giorno le avrebbe tirato addosso una sedia. Poi erano schiaffi, calci e persino sputi in faccia gridandole frasi quali "sei una grassona, sei vecchia, guarda quanto sei brutta". In alcune occasioni avrebbero assistito anche i due figli minorenni. Ad aprile del 2019, poco prima che si decidesse a denunciare il marito, lui avrebbe anche abusato di lei. Tra loro la relazione stava finendo e l’uomo avrebbe frequentato un’altra donna quando in ufficio l’avrebbe avvicinata tentando di baciarla e infilandole le mani dentro i pantaloni costringendola a subire atti di natura sessuale. Sul particolare della violenza sessuale l’imputato, difeso nel processo dagli avvocati Corrado Viazzo e Stefano Gerunda, in aula ha raccontato il fatto affermando che la moglie non l’aveva nemmeno sfiorata. "Quel giorno ero in ufficio per parlare con mia figlia – ha riferito il 53enne – ed arrivata lei, si è intromessa iniziando a gridare. Mia figlia se ne è andata. Lei ha aperto le finestre gridando aiuto ma io non le stavo facendo nulla".
La difesa ha portato come testimoni anche due periti. Uno è il chirurgo Andrea Mancini, a cui sono stati fatti analizzare i certificati di pronto soccorso, quattro accessi, rilevando però che non erano compatibili con le accuse sollevate e nemmeno da frustate di cintura perché riguardavano "morsi di un cane, un incidente stradale e una caduta accidentale". Sentita anche una psichiatra, Francesca Bozzi, che ha precisato di aver fatto una valutazione solo sulle carte, senza vistare o vedere di persona la donna, parte civile nel processo con l’avvocato Paola Montecchiani, definendola però con personalità "vittimistica che attribuisce ad altri la sua aggressività". Prossima udienza per terminare i testi della difesa al 9 novembre.
Marina Verdenelli