Ancona, violenze alla moglie per nove anni, ma il tema della figlia lo incastra

Accecato dalla gelosia la picchiava impedendole anche di uscire di casa fino a quando lei è riuscita a fuggire Al processo è stato rilevante anche ciò che la ragazzina scrisse in un compito contro il padre-padrone

Una lunga scia di violenze sulle donne (foto d'archivio)

Una lunga scia di violenze sulle donne (foto d'archivio)

Ancona, 2 giugno 2022 - Nove anni di matrimonio passati a subire botte e minacce perché accecato dalla gelosia. La moglie non poteva uscire senza il suo permesso, vedere delle amiche le era negato e se qualche volta infrangeva questo dettame quotidiano lo pagava a suon di schiaffi e pugni. Nemmeno la presenza delle due figlie, minorenni, avrebbe fermato il marito padrone arrivato a minacciare la donna con un coltello puntato in faccia. Sfiorata la morte, la moglie una sera ha trovato la forza di fuggire in strada, con le bambine al seguito, e chiedendo aiuto alla sorella ha portato a galla una situazione familiare impensabile per gli stessi parenti. Per il marito, ormai ex, martedì è arrivata la condanna al tribunale dorico. La giudice Francesca Pizii, al termine della discussione delle parti, ha condannato l’imputato a due anni e mezzo per maltrattamenti in famiglia aggravati.

L’uomo è un albanese di 49 anni, muratore, residente in un quartiere periferico della città. Al processo era difeso dall’avvocato Antonella Andreoli. Rilevante ai fini del processo è stato anche un tema, scritto a scuola dalla figlia più grande, quando faceva le Superiori, che l’avvocato di parte civile Laura Versace (che tutela moglie e figlie) ha portato in udienza per dimostrare il clima difficile subito in casa. La ragazzina, ancora minorenne, ha descritto il padre "come l’uomo che nessuno vuole essere".

I fatti di cui l’albanese è stato accusato sarebbero avvenuti tra il 2009 e il 2018, quando la moglie, 39 anni, sua connazionale, è riuscita a scappare di casa. Quel pomeriggio era esplosa l’ennesima lite di gelosia tra le mura domestiche. Lui, con il vizio di bere, sosteneva che la donna lo tradisse, e dopo averla picchiata e apostrofata in malo modo aveva preso un coltello da cucina puntandoglielo in faccia. In quella circostanza l’avrebbe minacciata di ucciderla. La moglie era riuscita a divincolarsi e prese le due figlie, che si trovavano in casa in quel momento e che avevano assistito alle urla e al litigio, era corsa in strada cercando aiuto dalla sorella. Il giorno dopo aveva sporto denuncia alle forze dell’ordine e proprio riferendo gli ultimi fatti era emerso anche tutto il precedente. Il marito non era la prima volta che perdeva la testa e la percuoteva. In un’altra precedente occasione l’avrebbe anche afferrata per il collo prendendola poi a schiaffi. Quando la bambina piccola aveva solo tre mesi lui l’avrebbe lasciata in casa da sola per andare a vedere cosa faceva la moglie che era uscita.

Il tribunale dei Minori gli aveva prima sospeso la patria potestà per poi revocargliela del tutto. La donna ha dovuto cambiare città e oggi si trova in una località segreta per evitare che l’ex marito la trovi. Lì sta crescendo le figlie che hanno dovuto cambiare amicizie e vita. L’imputato non ha mai testimoniato al processo e dopo la denuncia aveva avuto un divieto di avvicinamento a moglie e figlie. La giudice Pizii l’ha condannato anche ad un risarcimento danni alla parte civile pari a 7mila euro.