SARA FERRERI
Cronaca

Viveva su una panchina, ora ha casa: "Ecco la bella storia di Sunrise"

Una rete di solidarietà tra servizi sociali e forze dell’ordine ha rintracciato la sorella in Valle d’Aosta

Viveva su una panchina, ora ha casa: "Ecco la bella storia di Sunrise"

Il 43enne camerunense aveva fatto dei giardini pubblici di Jesi la sua dimora tra tentativi di aiuto e proteste dei residenti. Poi era scomparso nel nulla fino alle indagini dei servizi sociali che lo hanno rintracciato con una bella notizia

Solo, malato e finito nella dipendenza dall’alcol, aveva fatto di una panchina nel parco pubblico di Jesi la sua dimora per giorni, settimane, mesi. Qualcuno si era arrabbiato, aveva fotografato lui e il suo ‘accampamento’ e accusato il governo cittadino di non intervenire. La sua presenza aveva innescato del clamore mediatico e lui, 43enne camerunense, dopo essere scappato dagli agenti di polizia locale prima (a cui aveva anche provato a lanciare sassi per non essere identificato) e dal pronto soccorso dove era stato portato. Non si è più visto per settimane finchè non è stato di nuovo intercettato ad Ancona e salvato da una vera e propria rete di solidarietà. Una storia a lieto fine che ha deciso di raccontare Maria Pina Masella, responsabile dell’Area Inclusione Sociale dell’azienda servizi alla persona Asp 9: "Molti hanno visto quel ragazzo che ha vissuto per un periodo su una panchina degli orti Pace – racconta – Qualcuno lo ha segnalato, fotografato, qualcuno ha scritto un articolo. Lui lo chiamiamo Sunrise (dalla famiglia protagonista del libro l’Imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise, ndr) ed era reso fragile dalle precarie condizioni di salute aggravate dalla condizione di senza dimora. Non aveva un tetto, nemmeno occasionale. Chi lo ha visto ha provato compassione, qualcuno disgusto, qualcuno paura o rabbia. Perché un senza dimora disturba la vista. L’occhio benevolo pensa che quella persona ha bisogno di aiuto. Di mangiare, lavarsi, avere un tetto sulla testa. Ci sono due modi di aiutare la persona senza dimora: offrire cibo, coperte, una doccia e un letto in un centro di accoglienza. Oppure offrire tutto questo e intanto occuparsi di lui. Non sempre è facile e in questo caso era molto difficile: Sunrise non si fidava, non voleva essere aiutato o così ci era sembrato. Dalla panchina ha cominciato a spostarsi in altre zone di Jesi e poi ad Ancona e di nuovo a Jesi. Un continuo fuggire. Così un giorno ci siamo seduti attorno a un tavolo abbiamo cominciato a occuparci davvero di lui. Ognuno per la sua parte. Abbiamo iniziato a fare ricerche sulla sua vita, partendo dalla città di residenza, passando per le città, gli ospedali e le Caritas da cui è passato. Una vita in giro senza riuscire a fermarsi mai, senza riuscire a curarsi e avere una vita normale. Abbiamo scoperto che aveva una sorella in Italia che non poteva più contattarlo perché Sunrise non aveva più un telefono. Ma mentre cercavamo di capire, Sunrise sembrava scomparso. Fino a mercoledì quando Sunrise è stato fermato dalla polizia locale di Ancona. Al comando si è mostrato ancora più fragile, non sembrava nemmeno più arrabbiato. Forse era solo molto stanco. Abbiamo chiesto alla polizia locale di non lasciarlo andare mentre avremmo avvisato la sorella, che vive con la sua famiglia in Valle d’Aosta, e li avremmo messi in contatto".

Poco dopo il lieto fine: "Sunrise e la sorella si sono parlati, dopo tanto tempo. La sorella gli ha detto che lo avrebbe accolto per aiutarlo a curarsi. Lui ha detto sì. E da lì in poi è stata una corsa contro il tempo, una staffetta per organizzare il viaggio, per paura che si sarebbe allontanato e lo avremmo perso di nuovo. La Caritas ha comprato il biglietto del treno. La paura che non riuscisse ad affrontare il viaggio, così lungo, era tanta. Ma il giorno dopo Sunrise era arrivato dalla famiglia di sua sorella in Valle d’Aosta che si è subito attivata per proteggerlo e curarlo". "La grande sfida – conclude Masella – è quella di arrivare a quella comunità che prima di chiedere alle istituzioni: ‘Cosa potete fare per lui?’ si chieda: ‘Cosa posso fare io?’".