Elezioni comunali 2018, Valeria Mancinelli. "Ancona è ripartita, non fermatela"

Il sindaco uscente si racconta nella sua sede elettorale. "Vedo una città intraprendente, fiduciosa e meno paurosa. Le scintille con Tombolini? E’ inconciliabile con il confronto"

Valeria Mancinelli (foto Emma)

Valeria Mancinelli (foto Emma)

Ancona, 7 giugno 2018 - Perché rivotarla, perché rinnovarle la fiducia, perché continuare a credere nel nuovo progetto di cambiamento. Dopo l’intervista a tutto campo di Daniela Diomedi, candidata del Movimento 5 stelle, è la volta di Valeria Mancinelli, sindaco uscente appoggiata dal centrosinistra, Pd e Verdi ma anche dalle liste civiche ‘Ancora per Ancona’, ‘Centristi per Ancona’ e ‘Ancona popolare’. Il sindaco si racconta svelando anche il suo carattere, quello che ha nel tempo libero e quando non deve prendere decisioni. Da lady di ferro a donna autorevole, passando per le difficoltà che ha incontrato in questi cinque anni dove non tutto è stato facile. Anzi. Anche la Mancinelli ha dei progetti per il futuro, ma molti ne raccoglie dal cassetto del mandato appena trascorso. Guarda con fiducia al domani e guarda in faccia a quell’elettorato che se crede in ciò che è stato fatto e in quello che si può fare, potrà rinnovarle il merito e dunque la vittoria. Seguendo l’ordine alfabetico, è la volta di Francesco Rubini, candidato sindaco di ‘Altra idea di città’ e per ultimo Stefano Tombolini, candidato di due liste civiche ‘60100’ e ‘Servire Ancona’ appoggiato da tutti i partiti del centrodestra, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Udc. Dopodiché mancheranno solamente due giorni al voto. 

Un'esperienza di cinque anni, perché a distanza di tempo gli anconetani dovrebbero rinnovarle la fiducia?  «Perché abbiamo fatto un buon lavoro, non abbiamo risolto tutti i problemi certo, ma abbiamo messo le basi per i prossimi cinque anni e per il completamento dell’operazione di rilancio della città. Sulla base del lavoro svolto abbiamo conquistato credibilità».   

Ma un rammarico ce l’ha?  «Quello più importante è sicuramente legato alle tante cose che avevamo deciso di fare e non siamo riusciti a ‘portare a casa’. Abbiamo lavorato con una macchina comunale ridotta all’osso, abbiamo il 30 per cento dei dipendenti comunali in meno e procedure oltre che meccanismi sempre più complicati nonostante un impegno serio e costante. Purtroppo ci vuole tempo per tradurre le decisioni in gare e procedure amministrative». 

La crisi nazionale del Pd potrebbe avere ripercussioni per lei in questa corsa elettorale? «Sì, è vero. Ma la mobilità fortissima dell’elettorato è molto trasversale ed ha attraversato il Pd ma anche tutti gli altri partiti. Basta guardare i passaggi da Forza Italia alla Lega. Questa mobilità è un fenomeno positivo e negativo allo stesso tempo. Diciamo che non c’è più un elettorato di appartenenza e che al contrario questo si sposta a seconda della risposta che ritiene di avere da questo o quell’altro schieramento. Sul piano locale dovrebbe scattare lo stesso meccanismo. I cittadini valuteranno quanto è credibile un candidato e quanto sono certi e sicuri i suoi ‘faremo’». 

Comunque, non è mai stata una renziana con la bandiera in mano, come si definisce?  «Mettiamola così, non mi fido delle etichettature, sono convinta che quello che fai dice quello che sei. Mi definiscano coloro che mi devono votare sulla base di quello che faccio, le etichette non sono più veritiere». 

Che tipo di Ancona ha lasciato in questi cinque anni?  «Quella della ripresa sul piano economico, basta pensare alla cantieristica, cinque anni fa un disastro, oggi sviluppo. Anche dal punto di vista commerciale, se faccio il conto delle saracinesche abbassate nel 2013 e quelle alzate di oggi il cambiamento si vede anche se c’è veramente tanto da fare. Sul piano della ripartenza vera, penso che lasciamo una Ancona migliore, ritrovata nella sua identità e senso di appartenenza oltre che di orgoglio. C’è nuova voglia di aprire attività, per esempio, basta ricordare cos’era corso Garibaldi o la zona dell’ex Umberto I. Riconsegniamo una città migliore». 

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Tre aggettivi per la sua Ancona…  «Intraprendente, fiduciosa, cosciente dei problemi, ma meno paurosa». 

In questa campagna elettorale ha deciso di non fare i dibattiti insieme agli altri tre candidati sindaco. E’ stata accusata di avere paura e di essere antidemocratica. E’ così? «E’ difficile che i confronti ampi non si trasformino in pollai o in format da talk show. Io ho voluto evitare questo. Non aiutano a fare capire le posizioni, possono alimentare sfiducia e allontanare gli elettori da un approccio positivo. Il rischio del talk show da pollaio c’era e poi non mettevo in conto la variabile impazzita di Tombolini. Non ho avuto paura, ero solo preoccupata di quell’effetto lì». 

Con Tombolini cinque anni di scintille in consiglio comunale, ora sono fulmini… «E’ lui che è inconciliabile con un confronto. Con la Diomedi ci siamo parlate normalmente e non è che ci stiamo particolarmente simpatiche. Tombolini, detto come deve essere detto, la vuole buttare in cagnara». 

La canzone della sua campagna elettorale?  «Penso positivo di Jovanotti, visto che sono fresca di concerto». 

Si dice: o la Mancinelli vince al primo turno oppure al ballottaggio rischia, un po’ com’è successo a Torino con Fassino e Appendino. Lo pensa anche lei?  «Sicuramente è una lettura, una tesi. Obiettivamente il ballottaggio è sempre un rischio. E’ evidente che il ballottaggio vuol dire che non hai avuto la metà più uno degli elettori. Il rischio al ballottaggio è maggiore e lo è tanto più per i fenomeni che dicevamo prima, non essendoci il voto di appartenenza, le preferenze potrebbero variare in ordine sparso. Anzi faccio un appello: a chi pensa che io possa essere la soluzione migliore, o la meno peggio, si decidano al primo turno». 

Quale dei suoi avversari o delle altre coalizioni teme di più?  «Temo di più il voto contro. La paura, lo scontento, il rancore per situazioni vissute. So che è un fenomeno presente e in parte comprensibile. Non riesco a capire quanto sia vasto». 

Come è la politica ai tempi dei social?  «E’ uguale a quella di un tempo, solo che è più veloce. La cosiddetta comunicazione è stata sempre un elemento importante, il cosa comunicavi e come lo comunicavi aveva un ruolo importante nella politica. Non per niente ricordiamo gli slogan azzeccati. Sono cambiati i mezzi e le modalità». 

Cento like fanno la differenza? «Non credo, è uno strumento in più per misurare il consenso ma non significa che si traduca in voti». 

La squadra di governo, confermerà i suoi assessori?  «Fosse per me li confermerei tutti. C’è qualcuno che spontaneamente ha detto: ‘E’ stata una bella esperienza ma grazie’». 

Quale sarà il suo primo atto da sindaco se vincerà?  «Il bando di gara e l’affidamento dei lavori per la riqualificazione degli Archi, via Marconi. La prima delibera sarà quella per spendere 11 milioni di euro per riqualificare questo quartiere storico». 

Chi è Valeria Mancinelli senza fascia da sindaco?  «E’ una persona curiosa, è una persona in realtà timida, è una persona a cui piacciono i rapporti con le altre persone. Sono dei pesci, e dunque molto emotiva». 

Si ritrova nella definizione di «lady di ferro»? «Esercito la funzione come penso si debba esercitare, e cioè con momenti di autorità accompagnati da autorevolezza, le scelte devono essere ponderate, nette e non traballanti dopodiché quando non devo esercitare il ruolo sono arrendevole. Quando andavo in vacanza, io non decidevo assolutamente niente. Seguivo il gruppo». 

Un ultimo appello al voto…  «In questi cinque anni si è rimessa in moto la città, c’è un progetto concreto che può dare una spinta decisiva allo sviluppo della città, al bisogno di lavoro e risposte alla crescita culturale della città. Questo treno si è messo in moto, non fermatelo».