Alla fine di agosto, la piemme Marica Saveri chiuse l’indagine. Erano stati sentiti tutti o quasi i partecipanti alla festa, i due bagnini del Blue Marlin, i conoscenti del luogo, alcuni amici e amiche di Milano e la conclusione fu: incidente. Biki aveva esagerato col bere, aveva imboccato la scorciatoia dimenticando di non avere le chiavi della porta posteriore di casa sua, aveva inciampato sui tacchi troppo alti per quello sterrato ed era volata giù dal Balzo dell’Agnello, escoriandosi braccia piedi e viso contro qualche arbusto e poi finendo direttamente in mare. Che, per disgrazia, quella notte si abbatteva sulla riva con ondate alte quasi tre metri. Per Marta fu una goccia di balsamo su una ferita aperta e sanguinante, per Fabrizio l’inizio di un lento e faticoso ripensamento sulla sorella e sul rapporto che aveva avuto con lei. Insofferenza e astio, certamente, ma c’era anche qualcos’altro, celato nel profondo, qualcosa di ambiguo, represso, inconfessabile. Tutti gli altri tirarono un sospiro di sollievo.
La Vedova aveva rimandato la partenza. Di solito lasciava la villa poco dopo Ferragosto, ma quell’an- no aveva una strana riluttanza ad andarsene. Le sembrava, da un lato, che fosse finita una stagione della sua vita, sensazione provata già prima (quando aveva deciso che quella sarebbe stata la festa d’addio), e che la morte di Biki aveva confermato in modo definitivo. D’altro lato, voleva essere infor- mata su quanto Annarita riusciva ad appurare con le sue indagini parallele, che andavano però con- dotte con discrezione. Venne così a sapere i nomi di tutti coloro che erano stati sentiti come persone informate sui fatti, ivi compreso l’ex fidanzato milanese, e anche qualche frammento delle deposizioni che nessun giornalista era riuscito a carpire per trarne uno scoop con cui ravvivare la pigra cronaca estiva. La deposizione di Massimo, per esempio. Che aveva ricevuto parecchie telefonate da Biki, giustificate con il pretesto di fornirle i consigli e gli agganci per uno stage di studio presso una grande finanziaria di Chicago. La deposizione strideva in modo irritante con il comportamento di Biki alla festa, con quello di lui, imbarazzato e sfuggente, e con quello di Marta, che sembrava patirli in misura doppia. Probabilmente c’era una storia tra Massimo e Marta, e la ragazza si era messa di mezzo. Ma perché, dal momento che non le mancavano certo gli spasimanti? forse per una prova di forza, per dimostrare la potenza delle sue capacità seduttive nei confronti di uomini già impegnati in altri legami? la stessa cosa che aveva fatto con Carlos, del resto. Ma il dettaglio più strano era un altro e precisamente che Biki non era affatto incinta. Ancora una volta: perché aveva mentito con Carlos e probabilmente anche con tutti gli altri su cui si era avventata quella famosa sera?
La Vedova aveva esperienza di vita e non amava sparare giudizi, ma voleva capire. Capiva i momentanei malumori di Annarita, le sue ricorrenti piccole invidie che si placavano con una cena insieme, da sole e alla pari in un ristorante di lusso, o con l’invito a uno spettacolo di balletti all’Opéra o al Metropolitan. Capiva il disagio di Carlos, che vendeva la giovinezza a una donna che aveva quasi il doppio dei suoi anni, che pativa le occhiate maliziose o semplicemente curiose quando era presentato come segretario. Capiva e compativa, pur senza rinunciare del tutto alle sue comodità e alle sue voglie. Ma Biki no, non riusciva a capirla. Bella giovane ricca spavalda e determinata. Determinata a cosa?
Poi, poco dopo la fine d’agosto, quando i temporali improvvisi avevano rinfrescato il clima e tra le file di ombrelloni del Blue Marlin cominciavano ad apparire dei vuoti, la Vedova capì.
"Si è tolta i sandali, prima di uscire dal cancelletto e prendere la scorciatoia. Se li è tolti e li ha na- scosti. Perché, Carlos?"
"No lo so, querida."
La Vedova aveva sollevato i sandali da terra e li osservava come per avere da loro una risposta. Li fece dondolare tenendoli dal cinturino, aggrottò la fronte e poi scosse la testa.
"Forse ho capito, Carlos. Lei non era quella che sembrava. Sotto la spavalderia, sotto l’arroganza c’era la fragilità di chi non sa controllare la sua bellezza. Di chi crede che sia un’arma, ma non la sa usare. Di chi pensa che con la bellezza si incassino solo successi. Invece no: il suo fidanzato l’aveva la- sciata, e lei non era riuscita a farsene una ragione. Ha provocato Massimo, l’ha rifatto con te e con altri per vedere sin dove arrivava il suo potere, per saggiare quanto fosse forte. Ha fatto una scoperta umiliante, ha tentato il ricatto sentimentale della gravidanza e invece di comprensione ha avuto solo risposte infastidite: non ci credo, non può essere, chissà di chi è, non è il momento di parlarne, la- sciami perdere. Una povera ragazza che non è riuscita a crescere."
"E allora?"
"Allora ha avuto un momento di smarrimento che era anche rabbia e senso di vuoto, uno di quei momenti che alla sua età abbiamo avuto tutti, per una ragione o per l’altra, ma che siamo riusciti a superare. Ma quella sera c’era il vento, che acuisce e contorce emozioni e sentimenti, lei aveva bevuto un po’ troppo e a un certo punto si deve essere sentita stanca, con il solo desiderio di non tentare altre prove, di non mettersi in gioco mai più."
"Tu dici..."
"Dico che si è tolta i sandali, li ha nascosti, è uscita dal cancelletto, ha preso la scorciatoia ferendosi i piedi e arrivata al Balzo ha fatto un salto all’ingiù. Si salta più facilmente senza tacchi da dieci centimetri. E pensare che sarebbe bastato così poco..."
"A impedirlo?"
"Sì, a impedirlo. Bastava che il cancelletto fosse chiuso, bastava soprattutto una parola gentile. Non l’ha detta nessuno di noi. Non io, non tu, non gli altri. Abbiamo permesso lo spreco di una vita. E ab- biamo mentito, tutti quanti."
"E adesso cosa facciamo?"
"Adesso facciamo scomparire questi sandali e non ne parliamo con nessuno. Seminare altri rimorsi non la farà tornare in vita. E domani partiamo."
2008 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
2015 Mondadori Libri S.p.A., Milano