Chievo escluso dalla serie B. Dalla favola al finale più amaro

Ora resta solo il Collegio di Garanzia per sperare. Campedelli e la squadra di quartiere che sfidò le big

Luca Campedelli

Luca Campedelli

Il primo colpo secco era arrivato con il "No" della Covisoc, l’organo di controllo e garanzia sui conti dei club professionistici. Poi, ieri, quello del Consiglio federale che ha confermato la decisione dei ’contabili’ del pallone. Due bocciature che colpiscono dritto al cuore una fiaba. L’ultima del nostro pallone, il Chievo. Ci sono ancora poche ore, fino a domani, entro le quali il club della famiglia Campedelli potrà tentare di ribaltare la decisione ricorrendo al Collegio di Garanzia dello Sport – dove presenterà documenti fiscali che non aveva sottoposto alla Covisoc, fa sapere – che di fatto significa non iscrizione al campionato di Serie B e, quindi, fallimento. La stessa sorte che toccherà, a meno di ribaltoni in terzo grado, per Carpi, Novara, Casertana, Paganese e Samb. Favola. Miracolo. Capolavoro. Per descrivere quanto fatto dal Chievo in quel 2001 – quando la felice Odissea nel pallone iniziata dalla terza categoria culminò con la promozione in Serie A – non bastava attingere alla letteratura, alla religione, all’arte. Eh sì perchè forse qualcuno dimentica che il Chievo Verona è stato l’unico club della nostra storia a scalare tutte le categorie del pallone: dalla terza categoria alle sfide con Juve, Inter, Roma, Milan. E poi, sì, una favola, con quel presidente, Campedelli, che sembrava il fratello maggiore di Harry Potter: occhiali tondi, cervello finissimo e un modello di gestione societaria con un tocco vintage ma l’acume delle grandi aziende del pallone. Il grande merito di quel Chievo che nel 2001/02 debutta in Serie A, è quello di tenere Luigi Delneri, l’uomo che aveva conquistato la promozione. Campedelli compra Lupatelli, il portiere che indossava la maglia numero 10, Legrottaglie, Perrotta, Marazzina. Nomi che faranno la storia del pallone recente, soprattutto il terzo, Perrotta, che sarà campione del mondo. Per non parlare di Barone, anche lui mondiale 2006. Quel Chievo lì, fu primo in classifica dall’ottava alla sedicesima giornata. Da solo. Difesa tosta, altissima. Essenziale e velocissimo in ripartenza con Marazzina ed Eriberto – che poi diverrà Luciano – e Corradi a fare da perno offensivo, il Chievo non aveva inventato nulla, ma applicava alla perfezione la zona pura, esasperando la tattica del fuorigioco ma sbagliandola quasi mai. Quel Chievo accarezzerà il sogno di giocarsela in Champions, dovrà accontentarsi del 5° posto in Serie A e della Coppa Uefa dopo aver firmato imprese pazzesche e sfiorando il titolo di campione d’inverno. Il Chievo ha ispirato e dato coraggio a molti club che hanno trovato una dimensione straordinaria proprio sulla traccia di questa squadra di quartiere che Campedelli prese a cuore perchè è lì che abitava. Quanti ne abbiamo visti di Chievo, ’dopo’? Dal Sassuolo di Squinzi all’Atalanta di Percassi, club che si sono avvicinati a quel miracolo, perchè Chievo è una frazione di Verona che conta 4.500 abitanti. E allora sì, il Chievo è l’ultima favola del pallone. E non sempre le favole finiscono come vorremmo.