Nella nave affondata la croce di Cristo. Le reliquie al seguito degli eserciti

Un pezzo del legno sacro a bordo dell’incrociatore russo. Da Costantino ai crociati, i simboli della fede in battaglia

L’incrociatore della flotta russa Moskva, affondato nel Mar Nero dai missili ucraini

L’incrociatore della flotta russa Moskva, affondato nel Mar Nero dai missili ucraini

La notizia diffusa dall’agenzia russa Tass, secondo la quale nella cappella di bordo dell’incrociatore russo Moskva – affondato in seguito a un attacco ucraino – sarebbe stato custodita una preziosissima reliquia, un frammento della ’Vera Croce’, può aver stupito qualcuno per due motivi: sia per il fatto che una nave da guerra ospitasse una cappella, sia per quello secondo il quale sarebbero in giro autentici resti dell’oggetto ligneo che circa un paio di millenni fa servì da patibolo al Salvatore. Che cosa può esserci di vero o quanto meno di verosimile?

Agli inizi del 2020 la Chiesa ortodossa russa diramò la notizia secondo la quale un frammento della Vera Croce, acquistato da un anonimo mecenate per circa 40 milioni di euro, era stato donato alla marina militare e custodito nella cappella di bordo del Moskva. Nulla di strano in ciò. Che le reliquie siano usate come protettrici di eserciti risponde a un uso antichissimo, che ha esempi illustri. Si pensi solo al Santo Chiodo della Crocifissione, fuso nell’elmo e nel freno del cavallo di Costantino; o alla reliquia della Santa Croce custodita nella basilica della Resurrezione (il Santo Sepolcro di Gerusalemme) che i crociati usavano recare in battaglia come loro ’Sacro Palladio’ – e il paragone con la famosa leggendaria effigie di Pallade Atena è calzante – e che, catturata dai musulmani nella battaglia di Hattin in Galilea (luglio 1087) fu distrutta per ordine del Saladino in ossequio al principio musulmano secondo il quale il profeta Gesù non è mai stato veramente crocifisso. O alle molte reliquie incastrate nell’elsa della spada di alcuni principi, come quella di cui parla la Chanson de Roland. Che la croce del Cristo fosse assimilata a un’insegna vittoriosa ce lo dice l’intera tradizione iconico-araldica cristiana, sostenuta dallo splendido inno di Venanzio Fortunato (VI sec. d.C.) Vexilla Regis. Siamo quindi nel campo della storia delle reliquie: che è peraltro un campo minato da migliaia di falsi.

Qui nasce il secondo problema. Può essere stato autentico il frammento venerato a bordo del Moskva? Per rispondere a ciò in modo adeguato, bisognerebbe saper qualcosa di più sull’oggetto donato dall’anonimo mecenate. In linea di massima, la cosa non è impossibile. Basta intendersi sul concetto di autenticità.

Secondo una notizia che pare certa, la cristianissima e religiosissima sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino si recò verso il 330, oramai ottantenne, a Gerusalemme, per rintracciare i segni autentici della fede (questo è il senso delle reliquie come pignora, "prove"). In circostante peraltro miracolose, narrate alla fine del IV secolo da sant’Ambrogio nel discorso funebre in memoria dell’imperatore Teodosio e tramandate poi fino a noi grazie all’opera tardoduecentesca Legenda Aurea di del domenicano Giacomo da Varazze, vescovo di Genova, essa rinvenne in effetti la Vera Croce che ripartì in tre porzioni: la prima mantenuta a Gerusalemme dove i crociati l’avrebbero perduta nel 1187; la seconda a Costantinopoli, presso al nuova corte imperiale, che altri crociati, quelli del 2004, ridussero in piccoli frammenti per donarli o per venderli; la terza a Roma, dove fu custodita nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, scampò miracolosamente al saccheggio del 1527 ed è tuttora adorata (a tale reliquia spetta, come a Dio, non la venerazione bensì l’adorazione).

La storia deve fermarsi qui: ed è molto ben raccontata nel libro ’La Vera Croce’. Storia e leggenda del Golgota in Roma (edizioni Laterza) dell’eccellente medievista Chiara Mercuri. Scartati il lacerto gerosolimitano distrutto per sempre e quello romano rimasto intatto, il nostro mondo conosce in realtà molte vere o presunte reliquie di quel sacro oggetto: a parte i falsi, senza dubbio numerosi, sui quali già ironizzava il signor di Voltaire, rimangono i molti esemplari "autentici" messi in giro dai crociati nel 1204 e le cui vicende ci restano in buona parte ignote. "Autentici", intendiamoci, in quanto appartenenti all’oggetto identificato da sant’Elena. Se esso fosse o no effettivamente il legno della Vera Croce, non lo sapremo mai. Ma gli studi continuano.