Elezione Presidente della Repubblica: chi sale e chi scende. Cinque nomi più uno

A meno di dieci giorni dal voto, ecco il 'borsino' dei papabili per il Quirinale

Roma, 15 gennaio 2022 - A meno di dieci giorni dal voto, ecco il borsino del Quirinale con i nomi in lizza per l'elezione del presidente della Repubblica: chi sale, chi scende e chi è stabile. 

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Mario Draghi - stabile

Con lui nessuno perde, ma piace un po' meno

Da salvatore della patria comune a uomo di parte. La sua parte. Ecco il percorso cominciato il 22 dicembre scorso con la conferenza stampa di fine anno che ha condotto la candidatura del premier, fino ad allora agli occhi di tutti una cavalcata trionfale e solitaria, alla situazione di stallo in cui si trova adesso. Draghi ha provato a rimediare nel successivo incontro pubblico di lunedì scorso, ma le cose non sono più come prima. Più che altro pare possedere meno di prima quei caratteri di forza propria che gli venivano conferiti dall’essere l’uomo dell’emergenza, il Cavaliere bianco che a sprezzo del proprio interesse personale accettava di mettersi al servizio del Paese. Quest’aura ha un po’ ceduto. E se il premier appare ancora in prima fila, è più per la somma delle debolezze altrui: il Cav che non ha trovato i voti, il centrodestra che non riesce a imporre un suo uomo, Letta e Conte che non possono correre il rischio Berlusconi. Con Draghi nessuno vince, ma nessuno (o pochi) perdono. E vista la debolezza complessiva degli attori in campo, potrebbe essere la scelta obbligata di molti.

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Silvio Berlusconi - scende

Il Cav ha pochi voti: i suoi temono le urne

La Storia si ripete sempre, a volte in tragedia altre in farsa. Nel 2011 il Cavaliere affidò l’"operazione scoiattolo" a Verdini; stavolta il compito è stato dato a Sgarbi, i toni della burla hanno prevalso e i risultati non sono arrivati. Di conseguenza Berlusconi è in calo. Peraltro Salvini, Meloni e i centristi hanno compreso i rischi dell’offensiva "Berlusconi al Colle", per loro lost-lost. Perdono comunque. Se il Cavaliere sale al Quirinale il giorno dopo salta il governo e si va dritti al voto, evenienza vista come la peste dai centristi, dai molti peones azzurri sicuri di non rientrare in Parlamento e dagli stessi ministri di FI (non è un caso che Brunetta e Carfagna non abbiano detto una parola). Tutti mondi da quali potrebbero venire franchi tiratori. Se l’operazione non dovesse invece andare ma protrarsi ancora qualche giorno, come allo stato è probabile, il centrodestra perderebbe la possibilità di giocare una propria fiche in una elezione in cui dopo 30 anni può dare le carte. Ecco il motivo dell’ultimatum al Cavaliere: entro giovedì dacci nomi e cognomi sicuri di chi ti vota.

Giuliamo Amato - scende

Si teme l'impopolarità: la sinistra lo sostiene

Se da cinque elezioni presidenziali Giuliano Amato è uno dei quirinabili più citati - diciamo che almeno in questo possiede un primato difficilmente eguagliabile - un motivo ci sarà: preparatissimo, solide relazioni internazionali, vastissima esperienza, ruoli di primo piano ma mai da front runner. Specularmente ci sarà anche un motivo se l’ex premier si è sempre fermato a un metro dal traguardo. Un po’ Giuliano Amato si è portato dietro gli strascichi del 1992, quando lui premier e l’Italia sull’orlo del baratro il governo autorizzò dalla sera alla mattina un prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani (ragione per cui adesso non piace a Salvini che ne teme l’impopolarità). Un po’ non è stato mai spinto dalla sinistra, parte politica a cui in teoria proviene, che nel 2006 gli preferì Napolitano e nel 2015 Mattarella. Amato potrebbe emergere come nome di mediazione, ma non subito. E’ vero che nel 2015 Berlusconi lo voleva, ma adesso il dottor Sottile è troppo sponsorizzato dalla sinistra Pd. Piace poco a Letta e anche il centrodestra al contrario di sette anni fa è tiepido.

Pier Ferdinando Casini - sale

L'unico super partes che garantisce tutti

Nelle ultime ore sale la richiesta di un presidente super partes, di grande autorevolezza ed esperienza. Quello che serve per il Quirinale e all’Italia in questo momento. E’ in sostanza il profilo di Pier Ferdinando Casini, democristiano centrista che piace a tutti. E anche a chi non piace, non lo odia. Casini ha fatto sempre bene quello che gli è stato dato di fare, ha solidi rapporti internazionali a 360 gradi, e soprattutto un consenso trasversale. E’ stato nel Polo delle libertà, presidente della Camera eletto dal centrodestra (uno dei migliori di sempre, garantendo tutti), poi ha sostenuto i governi Letta, Renzi, Gentiloni, nelle ultime elezioni è arrivato in Senato da indipendente nelle liste del Pd. Andando a tenere incontri elettorali nei circoli della sua rossa Bologna che in passato lo avevano contestato. Potrebbe emergere subito come frutto di un accordo largo o entrare in campo alla quinta o sesta votazione come ipotesi di mediazione. Negli ultimi mesi è come sparito dai radar, anche in questo caso dimostrando di conoscere una delle regole non scritte della corsa al Colle.

Marta Cartabia - stabile

Un profilo ecumenico. Poco gradito ai 5 Stelle

Negli ultimi giorni la suggestione di una donna in quanto donna pare aver perso (per fortuna) quota, nel senso che ci si è pian piano accorti quanto poco significato abbia mandare qualcuno/a al Quirinale solo perché donna o uomo, rosso, bianco o giallo. Non per questo la ministra della Giustizia Marta Cartabia non è in partita. Anzi. Il suo silenzio, il suo aver scansato tutte le polemiche ritirando o rimandando i provvedimenti più spinosi confermano che la ex presidente della Consulta si sente pienamente in corsa. Per lei giocano il profilo non di parte che la rendono buona per una scelta che sia "ecumenica", mentre all’opposto chi non la vorrebbe al Colle ne evidenzia il troppo breve curriculum politico e l’insufficiente bagaglio di esperienze per un incarico così complesso. In fondo la Cartabia si è data al mestiere della politica da un anno solamente, prima faceva la giurista. Peraltro la Guardasigilli deve scontare anche l’ostilità dei 5S per aver contrastato con la propria la precedente riforma Bonafede.

Miss o Mister X - sale

La scelta incertissima riguarda gli outsider

In una elezione così incerta, il profilo di un misterioso miss/mister X ancora non emerso del tutto deve essere tenuto in massima considerazione. D’altra parte se si vanno a rileggere le cronache delle passate elezioni si scopre che il candidato poi vincente non era uscito allo scoperto nel toto-nomi fino a 5/6 giorni dal voto. Non c’è un motivo per pensare che ciò non accada anche stavolta. Tanto più che la candidatura di Berlusconi sta in qualche modo bloccando tutto, specie nel centrodestra che in teoria potrebbe/dovrebbe poter fare la prima mossa. Se il Cavaliere si ritirerà, allora è possibile che il centrodestra avanzi un proprio candidato gradito al centrosinistra. In quel caso si parla sempre più di Letizia Moratti o di Franco Frattini, profili a cui il Pd avrebbe pochi argomenti cui opporsi. Un po’ più indietro Pera. Senza dimenticare, nel caso la situazione andasse per le lunghe, un qualche dem votabile anche a destra come Paolo Gentiloni o l’extrema ratio del Mattarella bis. Ma allo stato davvero sullo sfondo.