{{IMG_SX}} Ascoli Piceno, 17 aprile 2007 - Col 'Festival piceno del paesaggio' il sito industriale Carbon, torna in primo piano. Alla Carbon , un tempo 'delizia' e oggi 'croce' per problemi di inquinamento, il 'Festival' , col contributo della Facoltà di Architettura, dedica spazio e attenzione. La fabbrica che ha scritto la storia di Ascoli, venerdì in un happening di luci e di suoni, racconta per immagini, la sua storia. Un tuffo nel passato e ne diamo un anticipo. Ascoli, primo Novecento.  Ascoli stesa tra colline, tranquilla come la siesta di un contadino col sigaro in bocca. La siesta del contadino: la sua atavica sonnolenza. Il sigaro in bocca: i pennacchi fumosi della SICE (Società Italiana Carboni Elettrici) e del Carburo, soffiati dal vento. Sice e Carburo, le due realtà industriali, di una realtà urbana in espansione che nei due opifici trova linfa e sbocco. Due fabbriche a quel tempo dirette e amministrate da Giovanni Tofani, abile ingegnere e per certi versi 'deus ex machina' degli opifici. Un benemerito personaggio, oggi scomparso, così come è scomparso il Carburo, da oltre 40 anni. Scomparsa anche la Sice ma solo nel nome, perchè la Sice , nel tempo , è divenuta Carbon e di Carbon si è parlato e si parla molto, come luogo da smantellare come area degna di attenzione. Queste le origini. La Società Industriale Italiana (S. I.I.) nel 1907 , utilizzando l’energia elettrica, fornita dai fratelli merli, aprì ad Ascoli un opificio industriale per produrre carburo di calcio. A dirigerla fu chiamato l’ingegnere Giovanni Tofani, tecnico qualificato di fama nazionale e internazionale che in breve tempo decretò il successo della fabbrica.Poichè il Carburo,operava tramite forni elettrici, Tofani per conto della SII, impiantò una fabbrica di elettrodi, sempre in zona stazione ferroviaria. Tofani per il fabbisogno energetico dei due opifici, acquistò nel 1917 il controllo della società Elettrica del Tronto che gestiva l’impianto idroelettrico di Mozzano. Di seguitò iniziò a costruire la diga dello Scandarello e potenziò la centrale di Venamartello. Successive spiacevoli vicende (bancarotta del presidente) determinarono il passaggio della SICE alla Società Italiana dei Forni Elettrici e dell’Elettrocarbonium. (che aveva uno stabilimento simile in Umbria) Alla stessa SII per problemi finanziari subentrò l’Unes (Unione Esercizi Elettrici ) e la fabbrica ascolana, divenne Società Industriale Carburo di cui fu presidente sempre lo stesso Tofani cui la fabbrica sopravvisse fino al 1967. Ma torniamo alla Sice divenuta poi Elettrocarbonium. Nel tempo lo stabilimento continuò a operare, arrivando a una considerevole produzione che offriva lavoro a molta gente ( Si parla anche di presenze femminli). E la storia andò avanti fino a quando il clou dell’assorbimento iniziò a scendere e con i movimenti ecologici del post modernismo, iniziarono manifestazioni di protesta contro la pericolosità dei rifiuti chimici e tra alti e bassi, riunioni e sfilate di protesta, scioperi e denunce, la Carbon ancora oggi, connota il paesaggio ascolano ed è centro di dibattiti- Il suo fututo per varie ragioni, sta a cuore a molti.