{{IMG_SX}}Acquasanta Terme, 8 giugno 2007 - L’ultima fatica di Ercole fu la discesa nel regno di Plutone. Così Maurizio Montalbini, speleonauta di fama internazionale, termina con l’impresa di Acquasanta la sua gloriosa carriera di ‘abitatore’del sottosuolo. Dopo 238 giorni di permanenza nella Grotta Fredda, oggi Maurizio torna a rivedere la luce.

 

 

Sette mesi lontano dal mondo….lo invidio un po’; solo, con una piccola biblioteca, alcuni sfizi alimentari (oltre al cibo in polvere), una cyclette e qualche sigaretta. Una squadra di supporto lo ha seguito e monitorato in superficie, attenta al suo stato di salute, mentre lui ‘l’uomo del silenzio assoluto’ trasformava i propri ritmi vitali, permettendo ai propri orologi endogeni di correre liberamente (freerunning), per individuare i meccanismi del controllo dello stress, del tono dell’umore e dei disturbi del sonno. "Una vita decisamente intensa" — afferma Antonella Cerioni, moglie di Montalbini e compagna di tutte le sue avventure — ‘Ho sempre appoggiato la passione di Maurizio, perché nasceva da un interesse profondo, non quello di un geologo ma di un sociologo, quale in realtà è".

 

 

Un’avventura durata 20 anni, iniziata nel 1986 con una ‘solitaria’di 210 giorni nelle grotte di Frasassi e continuata nel 1992 sul Montenerone, dove Montalbani restò in isolamento ipogeo per ben 366 giorni battendo il record mondiale detenuto dal francese Michel Sifre. Ma il geologo francese attento agli aspetti tecnici della speleologia, non considerò le conseguenze psicologiche di un lungo periodo ‘underground’e necessitò in seguito di una lunga terapia psichiatrica: pare che il sottosuolo, metafora in Dostoevskij dell’io profondo, favorisca il riemergere dei propri fantasmi, quelli normalmente azzittiti dal rumore del mondo.

 

E’ stata questa la molla che ha fatto scattare la curiosità del sociologo Montalbini che attraverso un’attenta preparazione, è riuscito a munirsi degli strumenti psicologici adeguati. Lo scenario dell’ ultima avventura, la Grotta Fredda di Acquasanta, è un antro di 4 chilometri e 600 metri, chiamato così per la temperatura rigida all’interno (11°). La gente del luogo la chiama anche Grotta delle Pizzelle, perché le gocce d’acqua calcarea, scendendo dal soffitto, hanno formato a terra delle concrezioni rotonde una sull’altra simili alle frittelle, pizzelle nel dialetto locale. L’atmosfera è statica, oppressiva, il silenzio assoluto.

 

 

Per raggiungere la grotta bisogna percorrere un tratto del torrente Garrafo. Ed è proprio il Garrafo, reso impetuoso dalla pioggia, a restituire Maurizio Montalbani accompagnato dai Vigili del fuoco di Ascoli Piceno, su un gommone da rafting. Viene accolto da un caloroso applauso: è sorridente, sembra sereno. Maurizio ci parla di una dimensione senza né spazio né tempo, dove i pensieri vanno ad una velocità diversa da quella del mondo reale, dove conta esclusivamente il presente.

 

Meglio fuori o dentro?
"Ci sono pro e contro, desideravo tornare alla vita normale quando ho saputo che dovevo uscire, ma prima temevo il momento dell’uscita".

 

Che farà dopo aver appeso l’elmetto al chiodo?
"Mi impegnerò subito nel discorso di Monte Prata, un laboratorio clinica dove metterò a frutto le mie esperienze per la cura dei disturbi legati allo stress, insegnando alle persone a risincronizzare i propri ritmi". La vicenda di Montalbani infatti ha suscitato il serio interesse del mondo della ricerca, all’ estero più che in Italia: nel 1989 Montalbani condusse perfino un esperimento nel New Mexico, per conto della N.a.s.a.