Ascoli, Zanetti confermato. Ed è giusto così

Il patron rende salda la posizione dell'allenatore, l'ambiente deve sostenerlo, altrimenti non si è capito il progetto della nuova società

Mister Paolo Zanetti

Mister Paolo Zanetti

Ascoli, 10 novembre 2019 - Un bel respiro. Un lungo, ampio, importante respiro. E’ quello che serve a tutti, sottolineiamo tutti, approfittando della sosta che dà un assist fondamentale all’Ascoli e a tutte le sue componenti dopo il venerdi sera sadomaso di Crotone. MARESCA. In cosa si differenzia, Ascoli, dalle altre piazze di provincia italiane? Ve lo diciamo a bruciapelo. Dalla fame, dal “compromiso” (come lo chiamano in Spagna), dal rendere facili e percorribili salite che negli ambienti soft dello stesso sport nazionale sembrerebbero insormontabili. Nel rendere percorribile il sentiero più impervio e di schiantarsi, invece, quando la strada è una via a tre corsie di marcia. Questo sta accadendo, nello specifico, con Paolo Zanetti ed il suo progetto. Zanetti già non va bene ai più, Zanetti già ha perso la bussola secondo molti, Zanetti non “è da Ascoli”. Noi la pensiamo al contrario, totalmente al contrario. Queste valutazioni si possono fare a fine campionato, non dopo dodici partite. Zanetti è un tecnico giovane, capace (perché non è Maresca, preso dal campo e catapultato in panchina, ha un curriculum), pignolo, ha carattere, è onesto intellettualmente ed ha idee valide da forgiare. C’è un corto circuito di cui molti sottovalutano l’importanza: ha un organico troppo ampio per incidere, al momento. E all’interno dell’organico troppo ampio ha qualcuno che, in questo momento, non rende come dovrebbe a livello mentale e tecnico. E non solo per responsabilità dell’allenatore. In campo, da sempre, vanno i giocatori. Non l’allenatore. L’allenatore li prepara, ma in campo vanno loro. Sempre, da sempre. Per questo, in questo momento, le responsabilità vanno divise. Forse equamente. Con un distinguo: se decidiamo che i giocatori possano scostarsi da quello che vuole il loro allenatore e questo vada bene, facciamo il più grande autogol della storia recente. E’ l’allenatore che comanda. E che adesso deve, ripetiamo, deve, tagliare qualche ramo secco. Indipendentemente da quanto sia costosa la pianta che ha i rami secchi. Questo è il momento clou. FUORIGIOCO. E veniamo alla tattica: tutti, dopo Crotone, hanno puntato il dito sulla scelta del cambio modulo. Che, come a Verona, ha rappresentato una doccia gelata nei primi trenta minuti (al Bentegodi fu 4-4-2, allo Scida il 3-5-2, Ninkovic assente in entrambi i casi, questa è cronaca) per poi attestarsi e riportare l’Ascoli in partita anche senza brillare. E’ un altro, invece, il problema grave di questa squadra, al momento. Sono gli attaccanti. Corrono dappertutto volendo la palla, in maniera anarchica. Quando non serve. Non accorciano le linee di passaggio, cosa che invece serve e che l’allenatore chiede loro. Ma soprattutto, e questo è il vero peccato mortale, non corrono senza palla verso la linea avversaria. L’Ascoli ultimamente non finisce mai in fuorigioco, sapete perché? Perché tutti, Da Cruz, Ardemagni, Scamacca, Rosseti, vanno incontro a cercare la giocata facile sui piedi. E invece gli attaccanti devono buttarsi negli spazi, nel campo dietro le spalle dell’avversario, vedere la partita un secondo prima dei difensori avversari, dettare i passaggi. Oggi, e nonostante questo sia uno dei principi cardine di Zanetti, gli attaccanti questo lavoro non lo fanno. Perché serve inventiva, tecnica e sagacia. E poi, quando capitano loro quel tipo di palloni (vedi Rosseti a Verona o Scamacca allo Scida) pensano ad altro invece che bucare porta e portiere. Coi risultati che abbiamo visto. E c’è chi pensa che si possa fare a meno di Ninkovic… NONNI. E ha ragione il patron Massimo Pulcinelli quando ci risponde in maniera categorica e privatamente ai messaggi che ogni tanto gli scriviamo. “Zanetti sarà con noi per due anni, insieme lotteremo e vinceremo”. Sono parole che pesano e vanno condivise. Da tutti. Lottare è una condizione a cui non puoi rinunciare se sei dentro al microcosmo Ascoli. E’ la lotta che Ascoli pretende dalla squadra bianconera. Poi arriva tutto il resto. Gli show, le stories, le campagne mediatiche, i siparietti, vengono dopo. Prima c’è l’Ascoli, il sudore vero (non quello ostentato) per l’Ascoli, quello che ha portato i tifosi ad amare gente come Pinciarelli, Di Venanzio, Di Meo, Livon, Mengoni tanto per fare qualche nome di giocatori di un passato non troppo remoto che non facevano di certo centomila palleggi consecutivi con la sfera di cuoio. Meno proclami, più fatti, primo tra tutti liberare la rosa di almeno cinque, sei giocatori di troppo, prima possibile. Se Pulcinelli sceglie ancora Zanetti (e noi siamo d’accordo con lui), deve lui, assolutamente e solo lui, metterlo in condizione di lavorare sulla tecnica, sulla tattica e non ogni settimana su vicende extracalcistiche. Con un numero coerente di giocatori. Perché i nostri nonni, che sono cresciuti in campagna e spesso non avevano di che sostentarsi, ci hanno insegnato che “Lo troppo è come lo poco. Fa male…”.