Livorno Ascoli, attenzione. Il primo obiettivo dei bianconeri è la salvezza

La sconfitta del Picchi mette in chiaro in maniera decisa quale sia il campionato che, al momento, è chiamato a giocare la squadra bianconera

Il difensore Salvatore D'Elia (Ascoli)

Il difensore Salvatore D'Elia (Ascoli)

Livorno, 27 ottobre 2018 - Scriviamo tre post-it dopo la partita di Livorno. Usiamo i post-it perché dopo un po' la colla che si usa per attaccarli al frigorifero o allo schermo si secca. E quando si secca volano in terra. E quando volano in terra si prendono e si gettano. Dimenticandone il contenuto. Speriamo di aver fatto la scelta giusta. Primo, problema obiettivi. Nell'ultima settimana abbiamo sentito, qualche volta, le parole “Serie A” e “playoff” da esponenti della proprietà o della società. A tutti noi, chi vi scrive in primis, piace sempre scendere in campo e lottare per l'obiettivo massimo che può esserci sul piatto. Chi va al ristorante e, leggendo il menu, ordina “il piatto mediocre, grazie”? Nessuno. Ma questo è il calcio. E il calcio è fatto da uomini, carriere, valori e soprattutto risultati. Bene ambire, benissimo. Bene infiammare la piazza, è quel che serve in un posto passionale come Ascoli, ma attenzione. La rivoluzione estiva, tutte le premesse di costruire qualcosa di duraturo e funzionale, i sogni, non devono fare perdere contatto con la realtà. La gente del Del Duca ha pianto di gioia anche per salvezze cadette all'ultimo secondo dell'ultima partita utile. E quello è il punto di partenza dovuto. Parlare di “playoff” e di “serie A”, per il momento, è mestiere di altri. Perché, come detto, il calcio è fato di uomini, carriere, valori e soprattutto risultati. E i risultati dell'Ascoli, per ora, dicono che questa realtà può vivere con serenità e proporre calcio, mai, mai, mai perdendo la bussola che invece del “Nord” indica e indicherà sempre la parola “salvezza”. Secondo, ci piace moltissimo il fatto che Vivarini abbia idee chiarissime su come far giocare bene al calcio il suo Ascoli (foto). E ci siamo anche emozionati quando, al ventesimo circa, i bianconeri hanno calciato il sesto corner proponendo cinque schemi pericolosi e tutti completamente differenti l'uno dall'altro. E' il segnale che di fosforo, nella stanza tecnica bianconera, ce ne sia a volontà. Però questa squadra deve assolutamente trovare le contromisure e le energie per supportare queste idee sempre e per sempre sulle fasce. Laverone ha giocato 55 palloni, la maggior parte ad inizio e fine partita, mentre nel cuore del match era semplice terzino. No, se l'Ascoli vuole che Ninkovic sia una superstar (perché lo è), Laverone e D'Elia di palloni ne devono giocare 100 ognuno e almeno la metà devono essere su cambio di fronte. A Livorno questo non è accaduto. Terzo, Ninkovic. Ruoli diversi, storie diverse, garra diversa. Ma ricordate la palese differenza di categoria tra Zaza, i suoi compagni e gli avversari nello sciagurato anno della retrocessione di Cittadella? Ecco, l'Ascoli non deve, mai, correre il rischio che tutto se stesso sia immagine e somiglianza di Nikolino. Oggi arriva ancora una volta ai quaranta metri difensivi a prendere la palla, ma poi davanti chi aggredisce la linea avversaria? In attacco, oggi, l'Ascoli è “solo” Ninkovic. Domani o dopodomani rientrerà Ardemagni. E l'obbligo primario sarà quello di togliere quella parola - “solo” - dalla descrizione della fase offensiva bianconera. Perché la sconfitta di Livorno brucia. Perché quello di Livorno era uno scontro diretto. Altroché se era uno scontro diretto. E l'Ascoli l'ha perso con l'avversario che ha fatto poco, meritando comunque la posta in palio. Per fortuna si torna subito in campo, in casa, con l'uomo in più chiamato “Tifo del Del Duca”. Un uomo in più che permetterà a questi brutti post-it di finire nella pattumiera.