Ascoli, va tutto male col Pordenone

I bianconeri giocano sottotono, non reagiscono e Ninkovic si fa espellere un’altra volta

Nikola Ninkovic, altra espulsione per proteste per il serbo

Nikola Ninkovic, altra espulsione per proteste per il serbo

Udine, 22 dicembre 2019 - Non è il momento dei processi. L’Ascoli a Udine gioca, permetteteci di usare il termine, una partita non inguardabile, ma sicuramente preoccupante da diversi punti di vista. Proviamo a capire quali. SONNI. L’idea di Zanetti di metterla sul piano del palleggio e dell’allargamento sugli esterni non sarebbe sbagliatissima a prescindere, ma per fare risultato, quindi far gol, quindi essere pericolosi verso la porta dell’avversario, serve a quel punto aggredire la porta con gli attaccanti e farlo anche con coloro che arrivano a supporto. Quanti? Due punte e almeno due centrocampisti, forse tre. E invece alla Dacia Arena capita praticamente centottanta volte che la sfera arrivi in maniera pulita sulla trequarti ai due esterni (o a Cavion) che hanno corsa esaurita, altri venti-trenta metri di campo fino alla linea ma in barba a tutto scelgono di crossare in mezzo sperando che qualcuno dei rammarri potesse dormire. No, nessuno del Pordenone ha dormito durante i novanta minuti, come spesso è avvenuto in questo campionato e per questo la conseguenza è che l’unica vera occasione da gol i “bianconeri in giallo” l’abbiano avuta solo su piazzato con testata (peraltro sciupata) di uno dei suoi ministri del gioco aereo o con un’imbucata finale del tutto episodica. MUSICA. L’aspetto veramente preoccupante, e qui c’è anche da interrogarsi sull’incidenza dell’allenatore, è che durante la partita il Picchio non sia mai riuscito a cambiare la base musicale della stessa, vedendo che quella utilizzata sta facendo realmente il solletico all’avversario. E non è solo una questione di uomini in campo, anche se sono sempre gli uomini a decidere come vanno le partite di pallone. E’ una questione di identità, mentalità, atteggiamento, capacità di adattarsi a quello che la contesa e l’avversario richiedono. Va benissimo capire che due gol, specie il primo, presi come quelli di Udine, ti tagliano le gambe e ti tolgono il fiato, ma non possono far calare il sipario su una partita a così tanti minuti dalla fine. E la conferma di quanto sosteniamo arriva dal recupero, dove l’Ascoli getta via ogni spartito, ogni base, ogni idea precostituita, pensando alla porta, a buttarla dentro. E’ un paradosso, ma questa squadra per costruire pericoli deve esporsi ai pericoli. Non ha nel DNA l’equilibrio ed è bene rendersene conto subito, adesso che si gettano le basi per il mercato di gennaio. DANNI. Perché poi sono gli uomini a cambiare le sorti di una squadra: da chi sta in panchina a chi va in campo. E chi va in campo non può commettere errori di lettura come la ritardata chiusura su Burrai o l’errata marcatura su Strizzolo. Non sono alibi per Zanetti, che invece deve rispondere del perché il suo Ascoli non abbia giocato, specie nella ripresa, specie quando serviva cambiare pelle. Lasciamo da parte, senza impiegare troppo tempo, il discorso su Ninkovic. La sua non disciplina non danneggia solo la squadra in campo. Danneggia le gerarchie. Lo spogliatoio. La vita quotidiana di una squadra che ha bisogno di certezze positive. “Certezza” e “Positiva”, due parole che nella pasticceria serba fanno parte del passato. Il suo tempo è scaduto. Ma lo era già dopo Ascoli-Venezia, abbiamo provato a sperare di esserci sbagliati…