Pescara Ascoli 2-1, Stellone finora è sfortunato e perdente

Il derby di Pescara, perso per episodi, restituisce il solito Picchio ai più di mille fantastici tifosi al seguito. Che delusione

Mister Roberto Stellone

Mister Roberto Stellone

Ascoli, 1 marzo 2020 - Ci sono tre aspetti fondamentali da sottolineare. Anche se la pelle brucia. E gli occhi non riescono ad allontanarsi da quel rosso che affianca il nome dell’Ascoli quando si osserva la classifica. ANTIDOTO. Questa squadra può davvero vincere con tutti e perdere con tutti. Il problema è che attualmente il Picchio sia tremendamente abbonato alla seconda opzione e questo (ci dispiace dirlo) è un aspetto che chi ha visto qualche decina, forse centinaio, di partite, aveva ben chiaro sin da quando altri pensavano che cambiare l’allenatore fosse l’antidoto per dare identità ad un gruppo di giocatori che di identitario, in campo, non ha ancora dimostrato di avere nulla. E il discorso sarebbe stato esattamente uguale anche se la Dea Bendata avesse avuto accento piceno anziché pescarese. Perché il risultato della partita dell’Adriatico, questo è giusto dirlo, è molto dovuto alla capacità del Pescara di strizzare l’occhiolino alla fortuna. Memushaj trova un jolly a favore di vento e la palla finisce nel sette, dall’altra parte la carambola finisce due volte sul palo e poi a lato. DEA. Attenzione: questo è un segnalone mastodontico per capire che l’Ascoli deve cambiare in fretta qualcosa, anzi più di qualcosa, perché cambiare allenatore non le è servito a nulla. Perché non sappiamo come Zanetti avrebbe gestito un attacco meno “psicodrammatico” con Trotta e Morosini invece che Ardemagni e Da Cruz, ma sappiamo come Stellone, invece, sta gestendo questa squadra. Nell’unico modo possibile: cercando di conoscerla, facendole fare cose facili, tranne l’unica che tutti abbiamo riconosciuto non essere capace di fare. Iniziare l’azione da dietro. E non è vero che l’erroraccio di Leali vale zero perché è stato subito recuperato da Morosini. Nient’affatto. Un errore del genere mina certezze. E le mina indipendentemente dal fatto che sei riuscito subito a pareggiare i conti. Il problema di quest’Ascoli è identitario. E si capisce perché tornando dagli spogliatoi, consapevole di avere armi per batterlo, il Pescara, il Picchio ha lasciato che la partita si addormentasse fino a che la Dea Bendata ha deciso di baciare il Delfino. SBRANARE. Una squadra forte, con un allenatore forte, con un’identità forte, dopo aver toccato il fondo e dopo essere riemersa in un minuto, nel secondo tempo li avrebbe sbranati, gli avversari. E invece no. Ancora una volta l’Ascoli si lecca le ferite. Ancora una volta cerca un colpevole. Ancora una volta si interroga sui perché. E noi possiamo solo, assieme a quei mille fantastici e calorosi tifosi che sono sì, l’unica certezza attuale di questa squadra, prenderne nota. Non abbiamo consigli da dare, perché è vero che "la gente dà buoni consigli, se non può più dare cattivo esempio". E qui di cattivi esempi, quest’anno, ne abbiamo avuti fin troppi su come rovinarsi una stagione solo con la forza delle parole…