Ascoli, 20 gennaio 2012 - Salvatore Parolisi è pericoloso. Lo ha ribadito anche la prima sezione penale della Cassazione, motivando così il suo no alla scarcerazione del caporalmaggiore accusato dell’omicidio della moglie Melania Rea, avvenuto lo scorso 18 aprile a Ripe di Civitella.

In particolare, come si legge nelle motivazioni della sentenza, «è stata individuata una pericolosità specifica sia processuale che criminale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente (con la messa in scena della siringa) ed il deturpamento del cadavere.

Inoltre Parolisi, come dice ancora la Cassazione nelle motivazioni contenute nella sentenza 2136, «non ha un alibi». «Occorre considerare — scrivono i supremi giudici — che risultando incontestato nel presente giudizio il dato fattuale secondo cui l’omicidio della Rea venne sicuramente commesso in Ripe di Civitella, nel luogo stesso in cui fu rinvenuto il cadavere della vittima, non sembra seriamente confutabile che a tali dichiarazioni dell’imputato, in quanto dirette a sostenere che all’ora in cui si assume che il reato sia stato commesso egli si trovasse ‘altrove’, in tutt’altra località, possa, a ragione, attribuirsi il significato
dell’indicazione di un alibi».

Per completezza, poi, la Cassazione fa notare che anche se alle dichiarazioni di Salvatore Parolisi non si volesse attribuire il significato di «alibi falso», in ogni caso «nessun profilo di illegittimità può ravvisarsi nella decisione del Tribunale che ha attribuito al carattere menzognero delle dichiarazioni dell’indagato una valenza indiziaria, sia pure complementare, specie allorquando, come avvenuto nel caso in esame, si registri la presenza di significativi e rilevanti elementi di accusa a carico dello stesso».

La Suprema Corte, convalidando il giudizio del Tribunale del Riesame dell’Aquila dello scorso 22 agosto, rileva che «nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile nell’ordinanza impugnata», visto «l’esauriente e corretto riferimento compiuto dai giudici del riesame alla personalità del soggetto indagato», rimarcando anche «i profili di gravità indiziaria» come pure le «esigenze cautelari» nei confronti dell’uomo, unico indagato per l’omicidio di Melania.

La Cassazione ha anche definito «infondati» i motivi addotti dalla difesa del caporalmaggiore, gli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, facendo notare che il Tribunale dell’Aquila ha «correttamente applicato le norme e ha offerto, a sostegno delle sue valutazioni, una motivazione completa e logica che resiste a tutte le censure prospettate dalla difesa dell’indagato». D’accordo su tutta la linea con il Riesame, quindi, a partire dall’attribuzione di «valore indiziante alle dichiarazioni del Parolisi in merito ai movimenti suoi e della moglie per la giornata del 18 aprile 2011», perché «la versione fornita dall’imputato sugli spostamenti suoi e della moglie nella giornata del 18 aprile sia rimasta sostanzialmente costante nel tempo, venendo confermata anche in sedi extraprocessuali e che la stessa risulta formulata nelle sue linee essenziali già in sede di denuncia della scomparsa della Rea, in un atto cioè che appartiene ad un primissimo momento processuale, in cui nessun elemento indiziante a carico del Parolisi poteva rappresentarsi».