A processo per omicidio colposo Sui due medici parola ai consulenti

Ieri il confronto in tribunale sulla morte di Singh Pargat del 27 ottobre 2016

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E’ andato in scena ieri davanti al giudice del tribunale di Ascoli Matteo Di Battista l’atteso confronto fra consulenti della Procura, della parte civile e della difesa degli imputati nell’ambito del processo che vede due medici dell’ospedale Mazzoni, Gianluca Guercioni ed Ernesto Basaglia, accusati di omicidio colposo per la morte di Singh Pargat, un uomo di nazionalità indiana residente a Comunanza, deceduto il 27 ottobre 2016 all’ospedale Torrette di Ancona dove era stato trasferito a seguito di complicanze registrate dopo un intervento chirurgico al quale si era precedentemente sottoposto al Mazzoni. Era stato proprio il giudice, sentite le parti, a ritenere utile un confronto dopo che tutti i periti precedentemente avevano espresso le proprie considerazioni sul caso, giungendo però a conclusioni, per un motivo o per l’altro, diverse fra loro. Il processo si occupa della morte di Pargat Singh, un 54enne originario dell’India.

I due chirurghi dell’ospedale Mazzoni devono rispondere di omicidio colposo in concorso. Assistiti dall’avvocato Felice Franchi (foto), si sono costituiti parte civile i cinque figli dell’uomo deceduto al Mazzoni il 27 ottobre del 2016. Secondo l’impianto accusatorio, uno dei due medici, nel visitare in ambulatorio il paziente "giunto con sospetto di ipertensione portale distrettuale e ipersplenismo attestato dall’ospedale di Amandola", non avrebbe approfondito i dati clinici, dando invece "indicazione definitiva di procedere a colecistectomia per via laparoscopica (con la sonda) e non per via laparotomica (una normale incisione)" come – secondo il pm Piccioni – "sarebbe stato consigliabile" a fronte di una anatomia venosa portale alterata che "lasciava prevedere complicazioni legate alla lesione ai vasi sanguigni che si è verificata proprio nel corso dell’intervento effettuato quello stesso giorno insieme all’altro chirurgo". Le posizioni dei consulenti sono rimaste distanti. Gli stessi periti dell’accusa sostenendo che "i medici hanno operato al meglio, dovendosi basare sulle informazioni in cartella, purtroppo non precise e complete" non sono concordi col convincimento del pm Piccioni e delle parti civili che sostengono invece che "è comunque compito del chirurgo approfondire con scrupolo tutti gli aspetti della patologia accusata dal paziente" e che "non è possibile che un operatore sanitario stabilisca come procedere senza essere a conoscenza di tutti i problemi di salute di cui il paziente è affetto, come era suo compito". Peppe Ercoli