Arquata, Legambiente contro la ricostruzione in zona Parco

«Ci chiediamo a cosa serva cementificare il Fosso Morricone»: ricostruzione e disboscamento nel mirino di Legambiente

Lavori in corso sul fosso Morricone

Lavori in corso sul fosso Morricone

Arquata, 27 ottobre 2018 - Dopo il terremoto, il territorio rischia di essere devastato dagli abusi dell’edilizia. È questo il timore di Legambiente, che punta il dito contro la ricostruzione in zona Parco e, in particolare, contro i lavori che si stanno svolgendo ad Arquata, al Fosso Moricone: «Siamo alle solite – afferma Paolo Prezzavento - dopo i disastri del terremoto, arrivano sempre i disastri della cosiddetta ‘Ricostruzione’. All’indomani della devastazione provocata dal terremoto, si è iniziato da subito a parlarne, senza però cercare di evitare gli errori già compiuti in passato. A nostro modesto parere, si stanno ripetendo ad Arquata alcuni degli errori che sono stati fatti in Irpinia e all’Aquila. Ogni volta che c’è un terremoto, i soliti costruttori colgono l’occasione per ricostruire senza un criterio, senza un’idea di base sulla quale incardinare la rinascita di un intero territorio. Questa volta la ricostruzione fa tanto più gola proprio perché la logica dell’emergenza consente di scavalcare qualunque vincolo e dunque consentirà negli anni a venire di costruire anche in zona Parco. Un esempio di questa mentalità, che noi combattiamo da sempre, sono i lavori che si stanno svolgendo in questi giorni al Fosso Morricone. Crediamo che la costruzione di un'imponente gabbionata per contenere le piene di quello che normalmente è soltanto un rigagnolo, dimostri come i nostri amministratori non sappiano proprio che cosa fare con tutti i soldi che sono arrivati e che arriveranno per la Ricostruzione. Com'è possibile che qualcuno abbia autorizzato dei lavori del genere in zona Parco?».

Ma non è solo questo il cruccio di Legambiente, che mette sulla bilancia altre pesanti questioni: «Anche in occasione del terremoto di Arquata e Amatrice si è riproposto il solito dibattito: costruire com’era e dov’era, oppure costruire delle new town? Fermo restando che alcune frazioni sono state completamente distrutte, e che tali frazioni risiedono su un terreno franoso alluvionale che è inadatto ad ospitare un nuovo centro abitato, come è accaduto a Pescara del Tronto, si dovrebbero, a nostro avviso, ricostruire i paesi il più possibile dov’erano e com’erano, recuperando le antiche pietre. Eppure queste antiche pietre con cui erano state costruite le case di Arquata, sono già andate perdute, se ne è persa ogni traccia: Perché? Dobbiamo imboccare un’altra strada, se non vogliamo che un territorio potenzialmente molto attraente, che potrebbe vivere di solo turismo, perché si trova immerso in un paesaggio incantevole, perché presenta a pochi chilometri di distanza la rinomata stazione sciistica di Forca Canapine, perché si trova tra Due Parchi Nazionali, venga distrutto definitivamente dalla cosiddetta Ricostruzione. Eppure questo territorio straordinario rischia di perdere definitivamente la sua identità architettonica, già così duramente colpita dal terremoto».

Secondo Paolo Prezzavento e i suoi colleghi di battaglie, bisognerebbe volgere lo sguardo a nuovi modelli di sviluppo: «Purtroppo -spiegano- si continua a perseguire sempre il solito modello di sviluppo, quello delle strade, dei viadotti, delle gallerie, della cementificazione dei fossi, senza pensare che ciò che attrae veramente i turisti non sono le infrastrutture o la rettificazione di alcuni tratti della Salaria, ma è il suo paesaggio incantevole, unitamente ai suoi meravigliosi prodotti enogastronomici. Noi, come Legambiente, abbiamo già sviluppato dei progetti che prevedono il recupero di alcune eccellenze enogastronomiche del Territorio di Arquata, eccellenze da cui si potrebbe ripartire per rilanciare il territorio dal punto di vista economico e occupazionale. Però per far questo dobbiamo abbandonare la vecchia logica delle superstrade, dei viadotti e degli svincoli, indirizzandoci verso un nuovo tipo di sviluppo che sia ecosostenibile e che punti decisamente sulla bellezza del territorio, sullo sviluppo della ricettività ( agriturismi, bed & breakfast e ristoranti) e sulle sue eccellenze enogastronomiche.

Alla luce di queste considerazioni, ci chiediamo a cosa serve cementificare un fosso insignificante come il Fosso Morricone, a cosa serve realizzare un gigantesco svincolo all’altezza di Trisungo, a cosa serve spendere 10 milioni di euro per un intervento che rischia di devastare ulteriormente un territorio già devastato dal terremoto. Inoltre, ci preme sottolineare in quella zona sta avvenendo una deforestazione a tappeto. L’unica ricchezza rimasta, quella dei boschi, rischia di essere distrutta per soddisfare le esigenze di riscaldamento, di produzione di energia e quant’altro. Da questo punto di vista, la recente Legge sulla silvicultura della regione Marche non lascia presagire nulla di buono, dato che prevede uno sfruttamento economico dei boschi. Dopo i danni del terremoto, l’uomo si sta impegnando per fare altri danni. Una volta c’era il Corpo Forestale dello Stato che autorizzava gli interventi e soprattutto vigilava che non ci fossero violazioni delle Leggi di tutela ambientale, e che gli interventi fossero a norma. Adesso chi controlla?».