Arquata non molla: "Avanti con ferocia"

Case fantasma e centro inaccessibile, negli occhi delle persone si vede rassegnazione. Il sindaco però ci crede: "Ce la mettiamo tutta"

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Il vero anniversario del terremoto, quello con la ‘a’ maiuscola, ad Arquata cade il 24 agosto, giorno di lutto e riflessione. Tuttavia sempre nel 2016, il 30 ottobre, tutti ricordano la seconda grande scossa, quella che in realtà sprigionò la forza maggiore seppur, grazie al cielo, senza mietere ulteriori vittime. A distanza di quattro anni esatti, percorrendo la Salaria e inerpicandosi sulle strade che attraversano le varie frazioni la principale differenza, rispetto ad allora, sono i villaggi Sae, le cosiddette ‘casette’, che ospitano circa la metà (anche meno) dei residenti originari. Villaggi a parte, però, la situazione non appare molto diversa da quel giorno: nonostante i dati dicano che gran parte delle macerie sia stata rimossa (in effetti è così) i segni del ‘bombardamento’ sono ancora lì. Trisungo resta un agglomerato di case fantasma, il centro storico del paese (spazzato via) è ancora inaccessibile e Pretare è un paesaggio lunare come anche altre frazioni.

Entrando nei bar, scambiando due parole con i commercianti, guardando negli occhi gli anziani sulle panchine, l’aria che si respira è più di rassegnazione che di ottimismo. Un sentimento comune, in queste settimane, probabilmente a tutta Italia, d’accordo. Ma, Covid a parte, a chi ha scelto con coraggio di restare ad Arquata, provando a sfruttare le potenzialità del territorio, cosa manca per poter guardare al futuro con speranza? L’assenza di prospettive concrete sulla ricostruzione è probabilmente il primo fattore: le casette, carine, curate, ma inesorabilmente ‘artificiali’ (per quanto preziose e inevitabili) sono, per loro stessa definizione, ‘Soluzioni abitative di emergenza’. Un’emergenza, teoricamente temporanea, che però dura da quattro anni e durerà almeno altrettanto (probabilmente anche di più) prima che gli arquatani possano tornare ad avere una casa ‘vera’ e, al contempo, seppellire per sempre le odierne distese di calcinacci, comprese quelle nel loro cuore.

Fondamentale, in ottica ricostruzione, il ruolo del Comune, con il sindaco Petrucci, il vice Franchi e il resto della giunta determinati a premere sull’acceleratore: "Dobbiamo e vogliamo fare il nostro dovere meglio di prima: in modo ancora più ‘feroce’" proprio questo il termine usato dal combattivo primo cittadino, provato dalla malattia ma ancora saldo in trincea. "Noi siamo l’ultimo anello di una catena che parte dall’alto e non sempre ci ha reso le cose facili: ce la mettiamo tutta, anche se a volte finiamo nel mirino dei nostri stessi concittadini. L’ordinanza 100 ha snellito molti procedimenti e con il commissario Legnini abbiamo stabilito un’ottima intesa. Presto arriveranno anche rinforzi per gestire le pratiche: speriamo di dare la svolta definitiva".

Gigi Mancini