Benigni si dimette: "Per il Pd"

Il segretario dell’unione comunale lascia: "Il mio obiettivo è stato quello di costruire un campo largo"

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È un nuovo terremoto, o un’avvisaglia di disgelo, ciò che sta avendo luogo nel Pd di San Benedetto? Saranno i prossimi giorni a dire se le dimissioni presentate da Claudio Benigni, segretario dell’unione comunale, porteranno ad un riavvicinamento delle differenti anime del centrosinistra oppure ad un’effettiva riaffermazione della linea finora adottata. Quel che è certo, è che Benigni ha posto la questione nella riunione dell’unione comunale convocata per la sera di martedì 31 maggio, durante la quale verrà anche eletto il nuovo segretario comunale: per il momento, si parla di una possibile candidatura di Antonio Marcelli e Diana Palestini. Benigni, divenuto segretario a maggioranza bulgara, è stato tra i segretari più discussi del Partito Democratico rivierasco: ereditata una situazione difficile – dopo le scissioni, l’addio di Alfonsi e il conseguente commissariamento – cercò di ricucire le diverse correnti, senza arrivare a condividere il calumet della pace con l’ala gaspariana. La diatriba, rimasta aperta fino ad oggi, culminò nella separazione delle sinistre alle elezioni amministrative dello scorso autunno, dove a candidarsi furono Aurora Bottiglieri, appoggiata dal Pd, Articolo Uno e Nos, e Paolo Canducci, leader di Verdi, Repubblicani, Azione, Socialisti e democrat scontenti. L’epilogo è di dominio pubblico, e da allora i detrattori di Benigni non hanno perso occasione per chiederne le dimissioni, anche da fuori. Il segretario, dal canto suo, ha risposto chiedendo – e ottenendo – l’espulsione di sei ex compagni candidati con Canducci. Ora, a sette mesi dalle elezioni comunali, i toni sono ben diversi. "Le mie dimissioni vanno lette, esclusivamente, nella continuità e coerenza politica che, in qualità di segretario comunale, ho sempre perseguito – afferma Benigni – Il mio obiettivo è stato quello di costruire un campo largo, aperto ed inclusivo, di tutte le forze progressiste e democratiche della mia città, alternativo alla destra. É nella razionalità non ricondurre ad un’unica figura la responsabilità di un insuccesso, ma a volte la semplificazione porta alla personificazione. La mia è una decisione ragionata e mi sento di dire anche di generosità politica. Mai potrei infatti, nonostante abbia svolto con lealtà, passione ed impegno il mio ruolo, essere percepito come ostacolo ad un rinnovamento del partito e ad una ricomposizione delle proprie forze che dovranno dare vita e vitalità al progetto per cui non smetterò di credere e di impegnarmi".

Giuseppe Di Marco