Bus fermo col motore acceso, donna protesta e finisce a processo

Di interruzione di pubblico servizio è accusata una donna ascolana che respinge ogni accusa e, anzi, punta il dito contro chi l’accusa. Il processo è in corso davanti al giudice del tribunale di Ascoli Barbara Bondi Ciutti, chiamata a stabilire se vi sono responsabilità nella condotta della giovane donna residente a Porta Maggiore. Il fatto è che il suo appartamento affaccia sull’autostazione dei bus. Lei da tempo lamenta che molti autisti hanno l’abitudine, col bus fermo, di lasciare acceso il motore causando disagi alla popolazione residente costretta a sentire il rumore a lungo e respirare le emissioni. Più volte dunque la donna è scesa in strada lamentandosi con gli autisti; ha segnalato questa pessima abitudine anche alle autorità di pubblica sicurezza e al Comune, ma non ha ottenuto risultati. Nel 2020, all’ennesimo episodio di autobus lasciato fermo col motore acceso, è di nuovo scesa in strada chiedendo che fosse spento e chiamando i vigili urbani. "Mi ero allontanato per alcuni minuti per andare al bagno in attesa dell’orario di partenza della corsa verso San Benedetto, ma poi non sono riuscito a partire perché lei si è posizionata davanti all’autobus" ha raccontato al giudice Bondi Ciutti l’autista del bus, aggiungendo che è dovuto rimanere lì a lungo. L’uomo ha riconosciuto quale autrice del gesto l’imputata presente in tribunale aggiungendo che è riuscito a partire solo dopo l’intervento dei vigili urbani che hanno identificato la ragazza. Ma la ricostruzione della difesa della donna è diversa e se ne parlerà in occasione della prossima udienza. "La mia assistita non si è affatto posta al bus e ci sono le immagini video che lo testimoniano chiaramente e che abbiamo prodotto" commenta l’avvocato Fabrizia Cangemi.

p. erc.