Cappelline e lapidi in abbandono al cimitero

San Benedetto, per alcune gli eredi non ci sono più: intanto però si frantumano e sotto ci sono ancora decine di bare

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Ci sono situazioni particolari nei cimiteri e San Benedetto non fa eccezione. Cappelline private in completo abbandono da molti anni con le lapidi che si spezzano frantumandosi al suolo. Accade nella zona 6 in cui ci sono decine di antiche cappelle in cui in superficie si vedono le lapidi, ma la sepoltura avveniva in basso, nel locale sotto terra e dove le bare erano messe l’una sull’altra, senza alcuna divisione. Ormai sono decenni che simili tumulazioni non si possono più fare e alcune cappelline private, realizzate tra la fine del 1800 e inizio del 1900 sono andate in abbandono, pur conservando ancora le spoglie di decine di persone, famiglie che si sono estinte e nessuno si prende più cura della struttura.

E’ quanto accade, per esempio nella cappellina della famiglia Signorelli, segnalataci da un lettore, costruita nel 1895 e che conserva 10 salme, l’ultima delle quali tumulata nel 1961. Quella cappellina, al cimitero risulta chiusa in perpetuo, poiché non ha più i requisiti per la tumulazione. Non ha più neppure la luce votiva poiché nessuno da anni paga l’energia elettrica. A terra ci sono cumoli pezzi di intonaco e pezzi di marmo delle lapidi, caduti e c’è chi chiama in causa il Comune, in particolare i servizi cimiteriali, per dare una sistemata e mettere in sicurezza i pezzi che stanno per cadere. Una situazione, che ad ogni modo, appare complicata, stando a quanto afferma la direzione del civico cimitero. Prima di mettere mano a una cappellina privata bisogna risalire fino alla settima generazione, ricerca che potrebbe essere molto complicata, poiché anche dai documenti risulta che la famiglia Signorelli risiede o risiedeva a San Benedetto, senza l’indicazione della via. Qualora non vi fossero più parenti il lavoro di sistemazione potrebbe farlo il Comune, ma una volta eseguita la ristrutturazione, in quel luogo dovrebbero essere conservati, comunque, i resti delle dieci persone scomparse. Si tratterebbe di un intervento molto costoso che non porterebbe, a ogni modo, al libero utilizzo di quello spazio da destinare ad altre tumulazioni nel rispetto delle attuali normative. Un problema che andrebbe studiato sulla base dei nuovi regolamenti che prevedono la durata di 99 anni per le aree destinate alle sepolture per famiglie e collettività; in 50 per le cellette ossario e quelle per urne cinerarie individuali; in 50 anni per i loculi.

Si può intuire che certi casi sono di difficile soluzione, ma una cosa, crediamo, si possa fare: raccogliere i pezzi delle lapidi e pulire lo spazio per ridurre, almeno visivamente, lo stato di abbandono dei sepolcri di famiglie che non hanno più eredi.

Marcello Iezzi